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Valpolicella, i deportati in un libro che li ricorda

Le storie dei deportati della Valpolicella, quasi tutti civili, nei campi di concentramento nazisti. Catturati e imprigionati senza nemmeno saperne il motivo. Storie di pochi ritorni a casa e di tante morti. Sono narrate dallo storico veronese Roberto Bonente nel libro «Domani partiamo per non so dove. I deportati della Valpolicella nei campi di concentramento tedeschi» (Cierre edizioni, 2015)). E sarà lo stesso Bonente, ricercatore dell’Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, a raccontarle insieme alle sua ricerca nell’incontro in programma venerdì 27, alle 20.45, nella sala civica «Silvestri» di Valgatara, in piazza della Comunità 1. L’ingresso è libero. Info: 045.6838187. Bonente ha pubblicato vari libri e ricerche per l’Istituto veronese, tra cui «Il diario di Luigi Tosi» in «Due veronesi nei lager nazisti» (con Giuseppe Corrà e Maurizio Zangarini, 2001) e «Condannato a ricordare. Augusto Tebaldi a Soave: vita, Resistenza, deportazione» (2006). La serata di approfondimento storico a Valgatara è stata voluta e organizzata dalla Libera Università popolare della Valpolicella, in collaborazione con il Comune di Marano di Valpolicella in occasione del «Giorno della Memoria», ricorrenza internazionale con cui il 27 gennaio di ogni anno si commemorano le vittime dell’Olocausto. L’obiettivo, spiega la presidente dell’Univalpo, Nicoletta Capozza, è «fornire stimoli alla cittadinanza per ricordare, approfondire e capire come tali eventi abbiano toccato da vicino anche persone del nostro territorio». Aggiunge l’assessore alla Cultura del Comune di Marano, Mirko Ballarini: «Domani partiamo per non so dove» è un interessante lavoro che si concentra sui deportati della Valpolicella, i quali in gran parte non tornarono, ricostruendo i tanti tasselli di una storia che in molti non conoscono». «Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 a subire la deportazione, attuata dai nazisti con la complicità dei fascisti della Repubblica sociale, furono i militari del regio esercito, gli appartenenti alla comunità ebraica, le persone utilizzate come manodopera schiava nelle fabbriche tedesche e gli oppositori politici».•.

Camilla Madinelli

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