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Un murales nel nome di Chiara

Indizi  Le tre studentesse  davanti al murales che hanno realizzato, accando tracce di sangue e impronte rosseIl vicoletto  La donna colpita che si nasconde   FOTO PECORA
Indizi Le tre studentesse davanti al murales che hanno realizzato, accando tracce di sangue e impronte rosseIl vicoletto La donna colpita che si nasconde FOTO PECORA
Indizi  Le tre studentesse  davanti al murales che hanno realizzato, accando tracce di sangue e impronte rosseIl vicoletto  La donna colpita che si nasconde   FOTO PECORA
Indizi Le tre studentesse davanti al murales che hanno realizzato, accando tracce di sangue e impronte rosseIl vicoletto La donna colpita che si nasconde FOTO PECORA

Giulia, Miriam e Vittoria sono tre ragazze che hanno da poco concluso la terza media all’Istituto Comprensivo di Fumane Bartolomeo Lorenzi e che hanno dimostrato grande sensibilità e maturità nonostante la loro giovane età. Sono le autrici di un murales che racconta in modo toccante la violenza sulle donne, realizzato in un vicolo all’interno della scuola di cui fino allo scorso giugno sono state alunne. Si sente spesso parlare di violenza sulle donne negli ultimi tempi, ma leggere una così forte determinazione negli occhi e nelle parole di tre ragazze tredicenni, che vogliono lasciare un messaggio ai coetanei e alla comunità, fa davvero sperare in un futuro migliore. La loro determinazione nasce anche da un recente fatto di cronaca che le ha toccate personalmente così come tutta la comunità di Fumane. «Dall’inizio dell’anno abbiamo riflettuto su questo argomento anche a seguito del caso di femminicidio che ha visto vittima la nostra compaesana Chiara Ugolini», raccontano Giulia, Miriam e Vittoria. «Questa tragedia ci ha colpito profondamente, perché lei era di Fumane e ha fatto le scuole qui. Pensavamo che questi delitti accadessero lontano da noi e invece la realtà ci ha molto toccato». Così Giulia, Miriam e Vittoria hanno chiesto supporto ai docenti e dopo vari tentativi il professore di matematica e scienze Elia Kling ha accolto la loro richiesta e le ha aiutate a compiere tutto l’iter per la formalizzazione del progetto. «Le ragazze hanno fatto una richiesta formale alla dirigente dell’Istituto, Francesca Zambito, e al sindaco, Daniele Zivelonghi: questo percorso di sei mesi ha fatto acquisire loro maggiore consapevolezza nel comprendere a pieno le motivazioni che le spingevano a realizzare questo progetto. Hanno inoltre condiviso con i compagni di classe questa loro creatura, cominciando a veicolare il messaggio prima di tutto tra i loro pari», spiega il docente. «I nostri compagni, specialmente i ragazzi, erano indifferenti all’inizio ma, quando si sono accorti che eravamo determinate, hanno capito l’importanza del messaggio che volevamo dare. Non tutti hanno compreso subito il senso di questo murales, ma siamo sicure che dentro di loro hanno sentito qualcosa, un’emozione, anche se scomoda». Come è nata l’ispirazione? «Ci siamo ispirate vedendo un muro nascosto in un vicoletto nel cortile della nostra scuola, che ci è parso subito perfetto per il messaggio che volevamo lanciare. Inizialmente volevamo chiamare degli artisti di strada, poi abbiamo pensato di realizzarlo direttamente noi mettendoci alla prova: è stato un percorso condiviso e sentito, per questo mano a mano che lo realizzavamo abbiamo aggiunto e tolto dei dettagli», racconta Giulia. «Ci siamo molto soffermate a pensare al significato: cosa è per noi la violenza sulle donne? Con questo murales vogliamo sensibilizzare le persone, perché ancora tanti purtroppo non si curano o ignorano questo tema», aggiunge Miriam. Il murales è un percorso che l’osservatore inizia da lontano e che avvicinandosi lancia degli indizi: sono tracce sull’asfalto, segni neri, impronte, macchie di sangue. Questi indizi portano fino al violetto dove, su un muro, è rappresentata una ragazza dal volto anonimo, dalla pelle diafana, coperta da un mantello nero. «Il mantello vuole significare che molto spesso la vittima è la prima a nascondere la violenza che subisce per vergogna. Per questo abbiamo deciso di realizzarlo in un vicolo nascosto, per simboleggiare la violenza che c’è, ma non si vede o le persone fingono di non vederla», spiega Vittoria. Le mani sul corpo della donna sono brutte, disumane; simboleggiano il male, i mostri che le usano contro le donne; vengono rappresentate in vari colori «perché esistono diversi tipi di violenza (fisica e psicologica)», dicono le ragazze. «Vogliamo che l’osservatore faccia un percorso interiore: ognuno sente cose diverse in base all’esperienza personale, ma è importante non negare questo fenomeno e prenderne consapevolezza», concludono Giulia, Miriam e Vittoria.•.

Agnese Ceschi

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