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SAN PIETRO IN CARIANO

«Nell'ex Lonardi mettiamoci l'Ikea»

Il cavalier Guido avverte: «Demolire costerebbe troppo, meglio riutilizzare gli immobili esistenti per altre aziende, per le scuole e per il mercato»
L'area dismessa della ex Lonardi a San Floriano: l'ex proprietario invita a riflettere sulla sua destinazione
L'area dismessa della ex Lonardi a San Floriano: l'ex proprietario invita a riflettere sulla sua destinazione
L'area dismessa della ex Lonardi a San Floriano: l'ex proprietario invita a riflettere sulla sua destinazione
L'area dismessa della ex Lonardi a San Floriano: l'ex proprietario invita a riflettere sulla sua destinazione

«Demolire gli edifici industriali comporterebbe costi proibitivi, meglio riciclarli per ospitare scuole e mercato settimanale». Non ha dubbi Guido Lonardi, l'imprenditore che a cavallo degli anni '50, con il fratello Duilio, ereditò la piccola officina di famiglia dal padre Silvio, sviluppandola al punto da diventare, per oltre 40 anni, fra le aziende leader al mondo nella carpenteria metallica. La Lonardi di San Floriano ha realizzato grandi opere in ogni angolo della Terra, per la Kawasaki in Giappone o per la Fiat in Brasile, la stella di Natale in Bra (donata alla città di Verona) o il monumento al milite ignoto di Bagdad, creando occupazione e reddito in Valpolicella per centinaia di famiglie, fino alla cessazione dell'attività, a fine anni '90.
Da allora la grande area industriale da 500mila metri quadrati di costruzioni industriali alle porte di San Pietro in Cariano, acquistata dalla Cordioli di Bussolengo, ora di proprieta dell'immobiliare Cameri, è al centro di un acceso dibattito politico sul suo futuro. E tra accordi e disaccordi, ripartenze e giravolte, i capannoni alle porte di San Pietro oggi sono diventati fantasmi di un passato industriale opulento, e un incubo per ogni amministratore che si alterna sulla poltrona di villa Rubinelli.
Stanco del clangore assordante, a 90 anni suonati da un bel po', il Cavaliere del Lavoro Europeo, onorificenza assegnatagli una trentina di anni fa ai fratelli Lonardi, a Berlino davanti a capi di governo e diplomatici, Guido accetta di aprire le porte del suo ufficio, per dire cosa ne pensa di quanto sta accadendo e buttare sul tavolo qualche proposta. «Sono uno a cui piace vivere anche di ricordi», premette, «ma il mio cervello è un computer sempre attivo, giorno e notte. Non mi piace parlare del passato, del nostro successo internazionale, o degli incontri con i potenti del mondo. Quel che mi piace pensare è che la nostra azienda ha lasciato un segno e che per quasi mezzo secolo ha dato lavoro a 260 persone di San Pietro».
E aggiunge: «Fino ad oggi non ho mai voluto intervenire per non entrare nelle decisioni del Comune, o sostenere questa o quella lista». Aprendo la grande mappa degli ex stabilimenti di famiglia spiega: «Nessuno si è mai chiesto cosa costerebbe demolire il complesso della Lonardi? Mi sono dilettato a fare dei conti e quando non credevo ai numeri, li ho rifatti da capo e sono venuti anche peggio. I due capannoni più grandi, in termini di spazio, sono stati realizzati in sito e demolirli sarebbe tanto oneroso quanto ricostruirli. Le case previste dal piano di riconversione verrebbero a costare molto più degli edifici costruiti su terreni liberi. Nessuno le comprerebbe».
Ma se demolire non è remunerativo, come si può recuperare l'area? «Ho fiducia nell'amministrazione carianese e la credo in grado di trovare una soluzione», premette Lonardi, e aggiunge: «Personalmente penso che sarebbe possibile recuperare così come sono gli edifici esistenti. I 4mila metri quadri della palazzina uffici e la relativa mensa, potrebbero ospitare una scuola superiore di aggiornamento per ragionieri e geometri o per le cosidette lauree brevi. Internamente è servita da un ascensore, gli spazi non mancano e non ci sarebbe nulla da abbattere, perché le pareti sono mobili. Nel grande capannone che si affaccia su via Valpolicella, lungo 230 metri e largo 50, si potrebbe invece spostare il mercato settimanale coperto, oggi diviso tra due vie del centro del capoluogo».
E per gli altri due grandi capannoni? «San Pietro ha bisogno di posti di lavoro, non di nuovi abitanti», commenta l'ingegnere. «Il Comune dovrebbe incentivare grandi aziende nazionali e internazionali, come Ikea o Esselunga, a trasferirsi qui». Lonardi ricorda inoltre che alla fine degli anni '80, tra i progetti aziendali c'era anche la realizzazione di un collegamento stradale tra l'area industriale e la bretella della tangenziale.
«Allora in azienda si consumavano 2.500 tonnellate di lamiere al mese», ricorda, «che si prelevavano dal terminale ferroviario di Domegliara, creazione della Lonardi ed altri industriali locali, con carri ferroviari che viaggiavano sulla provinciale a velocità molto bassa, bloccando talvolta il traffico. Con la collaborazione del commendatore Giacomo Galtarossa, l'industriale veronese dell'acciaio con proprietà in Valpolicella, disponibile a concederci il terreno, avevamo quindi preparato il progetto per una via alternativa a sud del paese. La Lonardi avrebbe realizzato le opere, accollandossene la spesa complessiva. La Provincia ha approvato immediatamente il nostro piano. In Comune a San Pietro invece, hanno preferito affossarlo». Togliere il traffico dal capoluogo, rimane ancora oggi un sogno.

Gianfranco Riolfi

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