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LA STORIA

Paolo, pastore fra freddo, fatica e lupi. «Ma non vorrei fare nessun altro lavoro»

A Settimo di Pescantina ha pascolato un gregge di 750 capi partito dal Baldo. Lo guidava Paolo Lombardi: «Mi piace questa vita. Non vorrei fare nessun altro lavoro»
Il pastore e la transumanza (video Tajoli-Pecora)

«Non mi importa se piove, nevica o è tutto ghiacciato. Mi piace questa vita, non vorrei fare nessun altro lavoro». Diventare pastore non è stata una scelta immediata per Paolo Lombardi, 60 anni, di Malcesine. Fino a 37 anni è stato ristoratore. Poi le pareti delle sale da pranzo hanno iniziato a stargli sempre più strette. Così ha risolto il problema alla radice: le ha eliminate. Meglio l'erba sotto i piedi e il vento sulla pelle, si è detto, e poco importa se hai i piedi gelati e l'umidità ti penetra nelle ossa se il tuo «ufficio» sono alberi, prati e cielo.

MAI PIÙ SENZA. E poi ci sono loro, le pecore, una presenza che senza accorgertene diventa insostituibile. «Non posso più farne a meno», ammette Lombardi. «Non capisco neanch'io perché, ma è così. Per due volte ho detto basta. Ho venduto il gregge, ma poi non sono riuscito a resistere e dopo un mese l'ho ricomprato». Ora ha 750 capi, 250 dei quali di suo figlio che fa lo stesso mestiere.Il richiamo del gregge per Lombardi è diventato come il richiamo della foresta per il protagonista del romanzo di Jack London: irresistibile.

LIBERTÀ. «Il gregge offre libertà e novità», spiega. «Succede sempre qualcosa, nessun giorno è uguale all'altro. Ti senti vivo, vedi nascere gli agnelli, scopri luoghi diversi, conosci persone nuove. Una volta alla settimana ho una giornata libera, ma quando sono a casa mi passa la voglia di fare, sto bene qui», dice spiegando che la transumanza è il periodo che preferisce, perché c'è azione, movimento, mentre durante l'estate la vita in malga è ripetitiva.«Ora c'è freddo, è vero, ma in tutti questi anni non mi sono mai ammalato», assicura.

IL VIAGGIO. Il gregge è arrivato da due giorni sui prati di Settimo di Pescantina, ancora 24 ore e si trasferirà altrove. È sceso dalla montagna e sta trascorrendo l'inverno in pianura spostandosi ogni 3-4 giorni. «Mangiamo su campi incolti o su campi di proprietari che ci permettono di fermarci», spiega Lombardi. «Glieli puliamo (da spine e arbusti, le pecore mangiano tutto, ndr) e glieli concimiamo», continua parlando come facesse anche lui parte del gregge e confessando poco dopo che si sente proprio così. «A fine ottobre siamo scesi dalla nostra malga a Tratto Spino, siamo stati a Novezza, Spiazzi, Caprino, Affi», spiega. «Poi abbiamo attraversato l'Adige a Pol e percorrendo strade secondarie siamo arrivati qui a Settimo. Adesso andremo a San Vito, La Sorte, San Massimo e poi Caselle e ad aprile rifaremo la strada al contrario tornando sul Baldo. Arriveremo in malga a fine giugno». A dargli una mano ci sono suo figlio e un aiutante che si alternano. Il gregge percorre anche venti chilometri al giorno. «Da solo non li farei mai, ma con le pecore non me ne accorgo neanche», dice.

PECORE PODISTE. Poi spiega alcune particolarità del mondo ovino. Primo: le pecore sono brave podiste, marciano per ore senza lamentarsi e «vanno» in media a 5 chilometri all'ora. Secondo: se non ci fossero i cani nessun pastore potrebbe neppure sognarsi di avere un gregge. Non gli ubbidirebbe. «Le pecore non si fermerebbero», spiega Lombardi. «E se le prime corressero verso un pericolo, tutte le altre le seguirebbero e si "coperebbero" tutte insieme», spiega. «Hanno più paura dei cani che dell'uomo ecco perché a loro ubbidiscono e a noi no».

IL GREGGE SI ALZA TARDI. Terzo: in transumanza le pecore, tranne quando devono spostarsi, se la prendono comoda e si alzano tardi. Appena cala il sole viene creato il recinto per la notte, le pecore si sdraiano vicine per scaldarsi e scaldare gli agnellini, ma prima delle 10 non se ne parla di tornare in attività, perché l'erba è ghiacciata e una colazione ghiacciata chi la vorrebbe? Loro sicuramente no. Quarto: le pecore parlano tanto, continuano a belare e non smettono nemmeno di notte. «Sì, è così», ammette il pastore, «chiamano soprattutto i figli e se una pecora continua insistentemente a belare anche di notte significa che non lo trova più. Quindi il giorno dopo bisogna partire per cercarlo».

SERVE ENERGIA. Chi pensa che fare il pastore significhi sdraiarsi sull'erba, dando qualche sommaria occhiata agli animali che brucano tranquilli, sbaglia. Per fare il pastore serve energia: bisogna controllare tutto il giorno che le pecore restino unite e non si caccino nei guai, finendo sulla strada, nell'Adige o in qualche dirupo. Significa creare il recinto per la notte, elettrificarlo. Significa spostare il gregge quando l'erba non basta più, facendo attenzione anche alle auto che passano, oltre a curare le pecore che si feriscono o hanno problemi. Annoiarsi è impossibile. «Con il gregge non penso mai a cose brutte, neanche al Covid, non c'è tempo», dice Lombardi, urlando a uno dei suoi cani frasi velocissime e incomprensibili («Ai cani parlo in dialetto», spiega) che però il quattrozampe capisce al volo. Scatta subito verso un gruppetto di pecore «ammutinate» che mangiano arbusti dall'altra parte della strada. Basta il suo arrivo e il gruppetto avventuroso scappa belando nel prato, mentre il cane raggiunge soddisfatto il padrone. «Cico è il migliore, gli manca solo la parola», afferma Lombardi accarezzandogli il muso. «Ovunque vada lui viene con me».

I LUPI. Cico è uno dei suoi sei cani. Tutti da gregge, tranne uno, Leone, 2 anni, «cane da lupi». «Quello di giorno non fa niente, è un menefreghista», dice indicando un cagnone nero che non mette proprio tranquilli. «È un pastore della Sila, l'ho comprato per difendere il gregge. Di notte dorme con le pecore: se arrivano i lupi ci pensa lui». Anche se non sempre riesce a farli scappare. «In Lessinia i lupi fanno disastri, ma anche sul Baldo hanno fatto diversi attacchi», dice. «Anche se ho il recinto elettrificato a Spiazzi i lupi questa primavera sono riusciti comunque ad ammazzarmi otto pecore», racconta. «Sono animali intelligenti, continuano a girare attorno al recinto, finché creando tensione e caos riescono a far uscire alcune pecore. Almeno se le mangiassero, li capirei, ma le ammazzano e poi le lasciano lì».

FOTO CON IL GREGGE. Tanti bimbi, ma anche molti adulti, si fermano incuriositi davanti alle pecore. «Alcuni vogliono farsi una foto in mezzo a loro», racconta Lombardi, «altri vogliono vedere da vicino "come sono fatte". In ogni caso chi vuole avvicinarsi è sempre il benvenuto».

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