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Pescantina

La storia di Alo Bàle, che voleva fare l’americano e ci riuscì

Giuseppe Lonardi era chiamato così perché negli States aveva imparato l'intercalare «Hallo» (ehi!), diventato semplicemente «alo»
Alo Bàle e la nave con cui si imbarcò per gli Usa
Alo Bàle e la nave con cui si imbarcò per gli Usa
Alo Bàle e la nave con cui si imbarcò per gli Usa
Alo Bàle e la nave con cui si imbarcò per gli Usa

Di Alo Bàle, alias Giuseppe Lonardi, ci siamo occupati in un articolo (15 agosto) dedicato alle due osterie della California e della Pennsylvania, nate negli anni Trenta e collocate in fondo al paese di Pescantina, alla biforcazione tra le vie dei Tre Santi e dell'attuale viale Verona. Un triangolo sul quale era stata edificata, come quinta della via, una nuova casa da un emigrato che aveva fatto ritorno dall'America con un bel gruzzolo di dollari, imitato in questo da un altro pescantinese che era stato in Pennsylvania.

 

Il viaggio sul piroscafo Stampalia

Alo Bàle, Giuseppe Lonardi, chiamato così perché in America aveva imparato l'intercalare hallo: ehi!, diventato semplicemente «àlo» in dialetto, era nato a Pescantina nel 1890 e, dopo aver lavorato in paese, aveva deciso di emigrare in America. Il luogo di partenza, come per molti migranti, fu Genova sul piroscafo Stampalia, la cui storia è esemplare di quel periodo. La nave venne costruita nel 1909 dai Cantieri Navali Riuniti della Spezia per conto della Compagnia La Veloce di Genova con il nome di Oceania.

Era caratterizzata da prua dritta, due alberi e due fumaioli; misurava 8.999 tonnellate di stazza, era lunga 145.08 metri e larga 17.06 con propulsione a due eliche e velocità a 16 nodi. Disponeva di alloggiamenti per 100 passeggeri di prima classe e 2.400 di terza. Inizialmente in servizio sulla rotta Genova, Napoli Palermo, New York, nel 1911 il piroscafo fu modificato per alloggiare 30 passeggeri di prima classe, 220 di seconda e 2.400 di terza classe. Nel 1912, all'uscita dal cantiere, fu ribattezzato Stampalia ed impiegato sulla rotta Genova, Napoli, New York. Poi scoppiò la guerra e nel 1915 venne requisito dal governo italiano per essere utilizzato come trasporto truppe. Continuò con lo stesso incarico sino al 17 agosto 1916 quando, intercettato nel mare Egeo a 30 miglia da Capo Matapan dal sottomarino tedesco UB-47, al comando del capitano Wolfgang Steinbauer, fu silurato ed affondato alla posizione 36°40'N - 22°10'E (attingiamo queste note dal sito Archivio navi a vapore www.agenziabozzo.it).

 

Lo sbarco negli Usa, destinazione California

Nella scheda che si può facilmente reperire nel sito Ellis Island, dove sono registrati tutti i passeggeri che approdarono in America dal 1820, è registrato l'arrivo del signor Giuseppe Lonardi, proveniente da Pescantina, il primo aprile del 1913. Andava in America per lavoro ed era, per sua ammissione, alfabetizzato, in grado di fare la sua firma. Una volta sceso dalla nave, la direzione che venne presa dal Lonardi fu verso il sud e, segnatamente, in California, della quale al paese aveva senz'altro sentito magnificare il clima. Difficoltà ne incontrò subito con la lingua e l'impatto con una civiltà completamente diversa che aveva già nella macchina la sua preistoria. Il primo esemplare della mitica Ford T, prodotta continuativamente fino al 1927, era uscito dagli stabilimenti di Detroit nel 1908 e la sua diffusione aveva contribuito a cambiare velocemente il volto dell'America.

Le grandi strade ora erano pavimentate con catrame e non più bianche; le case erano dotate di acqua corrente e servizi igienici. I grattacieli gareggiavano già in altezza. «Inimmaginabile l'impressione che tutto ciò fece su mio nonno», racconta la nipote Fanny Zampini, classe 1937, maestra in pensione e memoria storica della famiglia, «ed era certo che si imponeva automatico il confronto col paesello dove tutto questo era solo un racconto e la realtà parlava di difficoltà economiche, povertà, condizioni di vita molto lontane dai primi frutti di quella modernità che in America erano già alla portata di tutti. D'altronde era questo il sogno di chi andava in Merica: cambiare radicalmente vita».

 

I ricordi tramandati dalle nipoti

Giuseppe Lonardi, non ancora Alo Bàle, il nome che ebbe al suo ritorno a Pescantina, nel 1915, dopo soli due anni di permanenza in America, si diresse in treno verso la California, dall'altra parte degli States, sul Pacifico. Di quei due anni sul suolo americano conosciamo solo i brandelli di ricordi che le nipoti custodiscono gelosamente. È ancora Fanny: «Alla sera, davanti al camino, nonno Alo Bàle, che era un omone per allora di oltre 1.80 centrimetri di altezza, ci teneva in braccio tutte e tre, io e le mie sorelle Edda e Alina e ci raccontava le sue storie. E noi lo rimproveravamo: "Nonno se fossi rimasto là, ora noi saremmo americane...". Ma non facevano in tempo a finire la frase, le tre mocciose, che il nonno rispondeva con un vocione pieno di affetto: "Tasì, lazaròne, che quando ò traersà la Merica col treno, ghéra i indiani che ne coréa drìo..."».

A pensarci bene, Giuseppe Lonardi, classe 1890, diventato Alo Bàle per tutti, mediatore sui mercati del bestiame, stava già raccontando il cinema alle nipoti, prima che nelle praterie di Hollywood John Wayne e soci lo immortalassero sul grande schermo.

Lino Cattabianchi

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