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La California e la Pennsylvania a distanza di pochi chilometri

Via Benito Mussolini negli anni Trenta a Pescantina. Al piano terra dell’edificio in fondo c’era l’osteria California
Via Benito Mussolini negli anni Trenta a Pescantina. Al piano terra dell’edificio in fondo c’era l’osteria California
Via Benito Mussolini negli anni Trenta a Pescantina. Al piano terra dell’edificio in fondo c’era l’osteria California
Via Benito Mussolini negli anni Trenta a Pescantina. Al piano terra dell’edificio in fondo c’era l’osteria California

Ci vogliono 40 ore per raggiungere la Pennsylvania dalla California, ma a Pescantina, un tempo, bastavano pochi minuti. California e Pennsylvania erano due osterie aperte da emigranti che avevano fatto fortuna in America e che al loro rientro avevano dedicato i nomi dei loro locali ai due Stati che si trovano uno nella West Coast e l’altro a ridosso della East Coast. «Oltre la contrada delle Pozze, la via Are proseguiva in mezzo ai campi, lasciando a sinistra una cava di ghiaia e sul lato opposto un gruppetto di abitazioni noto col nome di "Case Rotte". La strada poi si divideva, come oggi in tre rami, uno dei quali, quello diretto a Negarine, costruito da pochissimo». Partiamo da qui, dalla descrizione analitica di una Pescantina ancora profondamente rurale, eppure proiettata sul fiume Adige e sui suoi traffici, come la racconta lo storico Giannatonio Conati nel suo Pescantina tra '800 e '900, cronache dai vicoli, dalle piazze, dalle campagne, pag. 116, 1994. La località che ci interessa raccontare è quello spazio triangolare che viene disegnato dalle due vie che si diramano, una verso Verona, l'altra in direzione di Settimo. In questo triangolo dagli anni Trenta della nostra storia pulsava una intensa vita sociale. Come viene raccontato dalle immagini, a fascismo ormai consolidato, la via più promettente del paese veniva dedicata al duce Benito Mussolini. E anche Pescantina non sfuggì a questo destino, dal momento che su via Are, negli anni appena successivi alla Grande guerra vennero costruite nuove eleganti abitazioni e vi erano anche manifatture di scarpe che attiravano molte maestranze, prima ancora che Bussolengo conoscesse il «boom» del secondo dopoguerra e negli anni Sessanta, venisse definita la seconda Vigevano per numero e qualità dei calzaturifici. Per ricollegarci con la nostra storia ripartiamo anche dal presente: ora in quello spazio, dopo la ristrutturazione dell'edificio che faceva da quinta alla biforcazione delle strade, è attiva una rinomata gelateria che ha il nome di California. E qui il discorso ci proietta ai primi anni del secolo quando da Genova partivano i bastimenti carichi di braccia e, spesso, di disperazione, di gente che si giocava l'ultima carta per arrivare in «Merica», la vita sognata e agognata, la svolta per generazioni, partendo col passaporto rosso e un posto-ponte che dava diritto ad una minestra al giorno. Anche da Pescantina partirono in tanti: molti fecero fortuna, molti di fermarono. Qualcuno tornò senza soldi, più povero di prima. Ma si portò dietro un soprannome per tutta la vita. Giuseppe Lonardi, della famiglia dei "Bàle", classe 1890, nel 1913 sbarcò a Ellis Island come milioni di emigranti, accolto dalla Statua della Libertà. Aveva 23 anni, parlava il dialetto stretto del paese, fece fatica a integrarsi, come si direbbe oggi. Anzi, in pochi mesi gli fu chiaro che quello non era il suo destino. Si spinse fino in California, lavorò lo stretto necessario per acquistare il biglietto di ritorno e, una volta partito, quando sbarcò a Genova, nel 1925, si trovò ad aggiungere al soprannome della famiglia un altro nomignolo "americano". Divenne per tutti "Àlo bàle", perché l'unica parola che aveva imparato a dire con una certa frequenza era «hallo!». La California torna sempre nell'immaginario dei pescantinesi "de sòca", ma la storia è legata questa volta ad un soggiorno fortunato. Un altro emigrato in California tornò con un bel gruzzolo di dollari e costruì una bella casa, nella quale poi aprì un'osteria "alla California" appunto, che durò con varie gestioni molto a lungo e fu meta dei pellegrinaggi di molti operai edili che alla domenica mattina andavano a tirare la paga settimanale dai capimastri e impresari Zenorini-Boràsi. E il caso volle che, poco lontano, sempre sulla via Are, dalla parte destra per andare a Settimo, un altro emigrante fosse tornato dall'America. Ma era stato in Pennsylvania, e anche lui costruì una casa e ci aprì un'altra rinomata osteria, la Pennsylvania, appunto, non meno frequentata della prima perché alla domenica si ballava. E ricorda Angelo Marchiori, allora giovane aspirante dell'Azione Cattolica: «Nella campagna contro il ballo lanciata dall'indomabile parroco don Luigi Castagna venivano fatte le processioni che arrivavano alla Pennsylvania al canto "balli non più, son tutti coltelli piantati nel cuor di Gesù"». In dialetto il nome suonava "Pisisvania" per la ferrea legge linguistica del minimo sforzo, ma nessuno ci faceva caso. E la domenica trascorreva lieta e serena, tra giochi di bocce, litri, mezzi litri, quarti e interminabili partite a carte. C'erano anche famiglie che si concedevano lo spasso di un chinotto o di una granita. Un po' in California e po' in Pennsylvania.•.

Lino Cattabianchi

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