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In Valpolicella il vino più antico del nord Italia

La campagna di scavo illustrata l’altra sera a Villa Spinosa di Negrar di Valpolicella FOTO PECORAUmberto TecchiatiPaola Salzani
La campagna di scavo illustrata l’altra sera a Villa Spinosa di Negrar di Valpolicella FOTO PECORAUmberto TecchiatiPaola Salzani
La campagna di scavo illustrata l’altra sera a Villa Spinosa di Negrar di Valpolicella FOTO PECORAUmberto TecchiatiPaola Salzani
La campagna di scavo illustrata l’altra sera a Villa Spinosa di Negrar di Valpolicella FOTO PECORAUmberto TecchiatiPaola Salzani

Scoperta l’uva più antica della Valpolicella, nel sito archeologico preistorico alle Colombare di Negrar abitato e frequentato per 3mila anni tra il Neolitico recente e tardo, ovvero 6mila anni fa. Un risultato altamente evocativo per la natura e la storia vitivinicola della zona, che già da solo basta a far sognare sul proprio lontanissimo passato produttori odierni di Amarone, storici, amministratori e residenti. Ma ora la sfida è un’altra e si alza la posta, per gli archeologi impegnati quest’estate nella terza campagna di scavo alle Colombare finanziata dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Verona Rovigo Vicenza e diretta insieme all’Università Statale di Milano: trovare le prove del vino più antico non solo della Valpolicella, ma dell’intera Italia settentrionale. “Abbiamo rinvenuto numerosi vinaccioli carbonizzati e moltissimo polline di vite, che non è molto volatile e ci dimostra quindi la presenza massiccia di questa pianta nel sito”, spiega il professor Umberto Tecchiati, docente di preistoria ed ecologia preistorica all’ateneo milanese, direttore scientifico dello scavo insieme alla funzionaria archeologa della Soprintendenza Paola Salzani. “Supponiamo si trattasse di vite selvatica, che cresceva in modo spontaneo insieme ad altre piante del luogo, ma non possiamo escludere che i frutti venissero adoperati per uso domestico e che ne venisse ricavato anche il vino”. Saranno le analisi su questi reperti recuperati nelle indagini paleoambientali a sciogliere i dubbi e dare informazioni più precise. “Per il vino le attestazioni risalgono proprio al Neolitico, da Iran e Georgia fino alla Sicilia, dunque questo sito negrarese già noto per gli studi preistorici e gli scavi condotti negli anni Cinquanta dal Museo di Scienze naturali di Verona può ben inserirsi in un quadro più ampio”, sottolinea il soprintendente per Verona, Rovigo e Vicenza, Vincenzo Tinè. “Siamo certi che la Valpolicella non sia da meno e aspettiamo le prove del più antico vino del Nord Italia”. Affollata, coinvolgente e promettente la serata di presentazione di questi risultati che si è tenuta l’altro ieri a Villa Spinosa di Negrar. “La Valpolicella è ricchissima dal punto di vista preistorico e, come dimostra questo sito, ha ancora tanto da dire”, continua Salzani. Entusiasti dell’andamento delle ricerche e dell’accoglienza calorosa ricevuta a Negrar durante le sei settimane estive di scavo il professor Tecchiati, il suo assistente Cristiano Putzolu e i 32 studenti impegnati in corsi triennali e magistrali o specializzandi all’università di Milano. Tra loro anche studenti di altri atenei, tra cui Trento, Bologna e Padova. A bocca aperta, affascinati dalle indagini in corso e dalle scoperte che stanno affiorando, non solo gli amministratori negraresi capitanati dal sindaco Roberto Grison ma anche tanti cittadini che non si sono voluti perdere l’appuntamento con la storia. “Negrar si sta confermando la capitale dell’archeologia in Valpolicella”, afferma soddisfatto il sindaco, riferendosi anche agli scavi in corso alla villa romana dei mosaici in località Cortesele di Villa. Scavi che hanno avuto, come ricorda Tinè, “risonanza planetaria”. “Crediamo che la cultura”, conclude Grison, “sia elemento fondamentale per valorizzare il territorio e farlo conoscere, perciò sosteniamo per quanto in nostro potere le campagne di scavo in corso e ringraziamo la Sovrintendenza di essere così attenta e presente in Valpolicella”. •.

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