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Cave, azienda multata per cinque milioni

L’area finita nel mirino della Provincia che ha comportato una sanzione da 5 milioni di euro DIENNEFOTO
L’area finita nel mirino della Provincia che ha comportato una sanzione da 5 milioni di euro DIENNEFOTO
L’area finita nel mirino della Provincia che ha comportato una sanzione da 5 milioni di euro DIENNEFOTO
L’area finita nel mirino della Provincia che ha comportato una sanzione da 5 milioni di euro DIENNEFOTO

Si è partiti da una sanzione di 11 milioni di euro per l’estrazione abusiva di ghiaia dall’impianto di acquacoltura a Camacici di San Giovanni Lupatoto. Si è poi passati ad una sentenza di primo grado finita con la condanna al pagamento di trecento euro di multa e si è finito con la pronuncia della Corte d’appello di Venezia ad una multa di poco più di 5 milioni di euro, resa pubblica solo pochi giorni fa. In questi anni, i vertici dell’«Agricola Antiga srl» della provincia di Treviso hanno vissuto questa vicenda giudiziaria all’insegna dell’incertezza più completa, passando da sanzioni irrisorie a quelle più consistenti come quella riportata nella sentenza dei giudici lagunari. E non è ancora finita. I legali dell’impresa possono sempre ricorrere in Cassazione che, a sua volta, potrebbe cambiare le carte un’altra volta. Eppure il nodo giudiziario non è di quelli di poco conto. Si parla di grandi numeri in questa vicenda e più precisamente di più 829 mila metri cubi di materiale ghiaioso, estratto nel corso dei lavori di realizzazione di un impianto di acquacoltura in località Casette di Camacici, vicino a San Giovanni Lupatoto tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo secolo, per un importo di 5 milioni di euro. ORDINANZA. Altra cifra consistente riguarda anche l’entità della multa inflitta più di sei anni fa. È il 15 luglio 2013 quando il dirigente del settore ambiente della Provincia di Verona firma l’ordinanza ingiunzione con la quale infligge la sanzione di poco più di undici milioni di euro. La violazione consiste nell’aver «esportato in assenza di autorizzazione all’esercizio dell’attività», si legge nella sentenza numero 3.794 della Corte d’appello di Venezia, «829.033 metri cubi di materiale ghiaioso estratto nel corso dei lavori di realizzazione di un impianto di acquacoltura». Un fulmine e ciel sereno per la società Antiga Agricola srl che, però, all’epoca non si è data per vinta e ha presentato opposizione al decreto ingiuntivo, instaurando così un giudizio ordinario davanti al tribunale civile. SENTENZA DI PRIMO GRADO. È il 9 gennaio 2018, a quattro anni e mezzo dall’avvio del processo, quando il giudice del tribunale di Verona legge la sentenza di primo grado, infliggendo una multa di soli trecento euro alla società «Antiga Agricola srl». Un vero e proprio colpo di scena alla luce della richiesta milionaria avanzata dalla Provincia con il decreto ingiuntivo e una vittoria anche se provvisoria per l’impresa agricola. Anche in questo caso, però, la questione giudiziaria non si chiude e l’avvocato Matteo Ceruti, difensore della Provincia , mette sul piatto un voluminoso ricorso alla Corte d’appello di Venezia. Sono ben settantaquattro pagine, scritte per sgretolare le tesi sostenute nella sentenza di primo grado dal giudice veronese. IL TEMA DEL CONTENDERE. La battaglia tra le due parti nel processo ruota tutta sulla legge da applicare a questo caso di estrazione abusiva. La corte d’appello di Venezia ha accolto la tesi della Provincia che aveva chiesto nel suo ricorso l’applicazione della legge regionale sull’attività di cava, approvata nel 1982. I difensori dell’impresa, invece, si erano adoperati e con successo in primo grado perchè l’intera vicenda fosse ricondotta sotto l’ombrello della legge approvata nel 1998. Questa normativa tutela le risorse idogeologiche per la fauna ittica. Com’è facilmente intuibile, le due normative si differenziano parecchio e non solo, sulla questione cruciale della sanzione per chi viola quelle norme, poste a tutela dell’ambiente. «I lavori di scavo», riporta la sentenza d’appello, «(..) se avvengono per utilizzare i materiali inerti a scopo commerciale (..) configurano l’intento di dar vita ad un’attività di cava come tale soggetta ad autorizzazione della Provincia». Questo inquadramento, a parere dei giudici d’appello, disegna perfettamente la vicenda di San Giovanni Lupatoto. IL CALCOLO. «La legge sulle cave commisura la sanzione al valore commerciale del materiale abusivamente scavato, rilevato dai listini prezzo della camera di Commercio», riporta la sentenza. E così si è arrivati al calcolo della sanzione moltiplicando il materiale estratto pari a 722.000 tonnellate per sette euro, arrivando alla cifra di 5.054.000. Ora resta l’incognita se la sentenza diventerà definitiva o come sembra più probabile, se i legali della società di Nervesa della Battaglia presenteranno ricorso in Cassazione. Il legale dell’Agricola Antiga, contattato più volte da L’Arena, è sempre risultato introvabile. •

Giampaolo Chavan

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