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Virgilio e Omero, la Lessinia perde un po’ di poesia

Virgilio Menegazzi Era originario di contrada Bernardi FOTO MARCO MALVEZZIOmero Campedelli
Virgilio Menegazzi Era originario di contrada Bernardi FOTO MARCO MALVEZZIOmero Campedelli
Virgilio Menegazzi Era originario di contrada Bernardi FOTO MARCO MALVEZZIOmero Campedelli
Virgilio Menegazzi Era originario di contrada Bernardi FOTO MARCO MALVEZZIOmero Campedelli

Erbezzo è in lutto. Due bandiere della comunità, due alpini, due rappresentanti delle tradizioni della Lessinia sono venuti a mancare a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro. Prima, Virgilio Menegazzi, 92 anni: storico autista della corriera sulla linea Erbezzo-Verona, oltre che intagliatore del legno. E poi Omero Campedelli, 63: uno dei pochi casari rimasti a trasformare il latte in alpeggio, a Malga Lessinia, come nei tempi andati. Con loro, accomunati da nomi di poeti classici, se ne va un pezzo di storia locale. Un bagaglio di memorie e conoscenze non rimpiazzabili, perché anche in montagna la vita cambia velocemente; le nuove generazioni intraprendono spesso strade diverse e il «piccolo mondo antico» sbiadisce. Virgilio Chi sa ancora cos'è una «cràchesa»? O un «derlo»? Virgilio Menegazzi, a dispetto degli oltre novant'anni, continuava a costruire abilmente a mano questi (e altri) attrezzi da lavoro dei vecchi montanari: una specie di piccola seggiola per il trasporto delle forme di formaggio, la prima, e una sorta di gerla intrecciata, il secondo; entrambi da caricare a spalle con le bretelle, come zaini di legno. Virgilio amava esibire in sfilata questi pezzi da museo. Coloro che sono stati alla scorsa edizione della Festa del Monte Veronese, a Erbezzo, probabilmente lo ricorderanno in corteo: fieramente in «divisa» da malghese, con la sua cràchesa sulla schiena, e per mano un bambino in tenuta da mini-casaro, a simboleggiare l'auspicato passaggio di testimone fra «veci» e «bocia». «Qui da noi, tutte le persone di una certa età possiedono la cultura dell'alpeggio e della malga, dove hanno trascorso l'infanzia e la prima giovinezza. Così mio padre. Ma poi, nella vita, ha fatto a lungo l'autista del bus per quella che all'epoca si chiamava Apt, l'Azienda provinciale trasporti», spiega il figlio Mirko. Come un Virgilio dantesco, per oltre trent'anni Menegazzi ha condotto i passeggeri su e giù per i tornanti della linea Erbezzo-Verona: «Per questo era conosciuto a largo raggio. D'estate, con la corriera si spingeva fino a Sega di Ala. Poi, quando è andato in pensione, ha ripreso la sua vita da montanaro, scolpendo il legno e producendo cesti e attrezzi. Questa gente qui non riesce a stare con le mani in mano». Originario di contrada Bernardi, sposato con Linda Campedelli (mancata nel 2018), e da molto tempo residente in centro paese, vicino alle scuole, Virgilio ha compiuto a Erbezzo tutta la parabola della sua esistenza, lasciando i figli Mirko e Santina, e i tre nipoti Thomas, Andrea e Alice, i quali gli hanno dato l'addio, sabato scorso, nella cerimonia funebre officiata nella chiesa parrocchiale. Omero La stalla, l'alpeggio, gli animali, le giornate scandite dal ciclo del latte che diventa formaggio. Così sono trascorsi i 63 anni di Omero Campedelli: ancora giovane, eppure «antico» nei suoi modi di fare e nelle sue conoscenze. E sempre allo stesso modo sarebbe andato avanti, senza mai giorni festivi o ferie, se il male da cui era stato colpito già due anni fa non gli avesse dato, ultimamente, il colpo di grazia. Omero aveva attorno a sé la grande famiglia dei Campedelli di Malga Lessinia, i suoi fratelli, le sorelle e i nipoti, i quali gli davano una mano nel condurre l'azienda casearia. Che era la sua vita. «Mio zio aveva portato avanti l'attività di suo padre per la produzione di formaggio in malga. Monte fresco, stagionato, ricotta... Era un "artigiano del formaggio". Questo, per lui, non era un lavoro, ma uno stile di vita», racconta Alberto Campedelli, nipote di Omero. «Sapeva che la sua era una figura "in estinzione", distante anni luce dai metodi produttivi odierni, più industrializzati. Ma voleva andare avanti come una volta, nonostante la fatica e i grandi sacrifici necessari». «Non ha avuto figli e tutto il tempo era dedicato alla sua attività. Lo si vedeva rinascere quando, in primavera, si preparava a tornare in alpeggio, venendo a stare a Malga Lessinia. Si stava preparando anche adesso, nonostante le condizioni di salute. Non aveva intenzione di mollare. Purtroppo ora nessuno di noi, suoi familiari, ha né il tempo né le competenze per dare continuità al suo lavoro». «Era molto riservato, ma aveva un buon cuore. E malgrado la sua timidezza», continua ancora il nipote, «era conosciutissimo a Malga Lessinia, dove per tutti aveva un sorriso. Il suo sorriso, la sua calma anche nelle situazioni impegnative, il saper trasmettere tranquillità e benessere, resteranno tra i nostri ricordi migliori di lui. Gli saremo grati per aver tenuto in vita, finché ha potuto, un mondo antico che non rivedremo mai più». •.

Lorenza Costantino

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