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«Un metodo efficace che sognavo da trent’anni»

Storicamente il modello di Scuola senza zaino si pone come sviluppo dell’iniziativa denominata «Giornata della responsabilità» promossa, nell’anno scolastico 1997-98, da Marco Orsi, allora direttore del Circolo didattico 7 di Lucca. Concretamente si avviò con le prime classi in Toscana nel 2000, prima solo per pochi giorni, poi via via per l’intero anno. Oggi raduna una rete nazionale che va dalle isole alle Alpi, con docenti formati e genitori coinvolti assieme ai propri figli. «Siamo ancora nella fase di interregno, dopo l’impatto emotivo e la sequela di studi e aggiornamenti che ci hanno portati alla sua applicazione concreta, spiega l’insegnante Alessandra Pontecorvo. «Non abbiamo ancora l’agilità che dovremmo, anche se l’adesione al modello è radicata, ma spesso veniamo tirate indietro, noi insegnanti sopratutto, dal vecchio modello che continua a esercitare i suoi richiami. Per la mia esperienza personale la scuola senza zaino è quello di cui avevo bisogno e che ho sempre sognato in questi 33 anni di insegnamento», confessa. «Non c’è la cattedra e i banchi sono diventati un tavolo di lavoro dove protagonisti sono i bambini. Io ci sono, do la tabella di marcia, ma sono loro a scegliere che cosa fare prima o dopo, io sto al centro di un piccolo team di bambini e sono solo l’agevolatrice dei loro bisogni». I bambini sono entusiasti, ma le insegnanti? «Il tempo di lezione per me si è abbattuto del 60 per cento: parlo 10 minuti e poi sono i bambini a lavorare per 40 minuti. Sono colleghi tra colleghi, chi ha capito spiega all’amico più in difficoltà e una spiegazione data dal coetaneo vale 10 volte quella ripetuta inutilmente dalla maestra», conclude convinta.

V.Z.

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