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Nuova condotta: finita la sete in Lessinia

I sindaci Campostrini e Adamoli con i vertici di Acque Veronesi
I sindaci Campostrini e Adamoli con i vertici di Acque Veronesi
I sindaci Campostrini e Adamoli con i vertici di Acque Veronesi
I sindaci Campostrini e Adamoli con i vertici di Acque Veronesi

Finirà a breve, prevedibilmente nell’arco di un anno o poco più, la sete atavica della Lessinia: Acque Veronesi ha già appaltato i lavori per una seconda linea dell’acquedotto che dai pozzi di Peri, in Valdadige, nel Comune di Dolcè, porterà l’acqua potabile al serbatoio di località Menegazzi nel Comune di Sant’Anna d’Alfaedo, superando un dislivello positivo di 800 metri, con una stazione intermedia di rilancio in località Col Dosson a 538 metri. Esiste già dal 1964 una condotta che svolge lo stesso servizio, ma il raddoppio si rende necessario perché data l’età potrebbe a breve aver bisogno di manutenzione o sostituzione di tratti, con il rischio elevato di interruzione dell’erogazione. L’intervento, prevede un investimento di 2,8 milioni di euro, di cui un milione arriva dal Fondo Comuni confinanti e la differenza da Acque Veronesi. L’ingegnere Umberto Anti, direttore tecnico di Acque Veronesi, spiega il progetto: «Avrà un’estensione complessiva di quasi quattro chilometri e sarà costituito da tre tratte con difficoltà tecniche notevoli. Infatti il terreno è roccioso con elevate pendenze, fino al 40 per cento, e tratti quasi verticali. Questo rende più difficile il lavoro di uomini e mezzi e il piano di sicurezza del cantiere prevede che sia gli escavatori per la posa della condotta sia le gru che la trasportano siano ancorate con funi d’acciaio. La condotta in acciaio, con diametro di 50 millimetri maggiore della precedente (da 200 a 250 mm), consentirà un incremento del 56 per cento della sezione di passaggio dell’acqua, con un doppio vantaggio: risparmio energetico perché più ampia è la condotta, minore è lo sforzo di spinta e aumento della portata resa possibile dal nuovo pozzo realizzato sempre da Acque Veronesi lo scorso anno alla centrale di Peri». «Siamo molto soddisfatti perché consegneremo alla Lessinia un’opera attesa da anni che andrà a risolvere criticità importanti in termini di qualità e di affidabilità del servizio», è il primo commento del presidente di Acque Veronesi Roberto Mantovanelli, «perché sappiamo che a causa della conformazione carsica del sottosuolo l’altopiano veronese ha una disponibilità idrica molto limitata che denuncia tutta le sue criticità nel periodo estivo, quando la popolazione aumenta sensibilmente per le presenze turistiche e di villeggianti. Nel 2017 abbiamo speso 400mila euro per trasferire in Lessinia l’acqua con le autobotti in situazioni di emergenza, ma con questo nuovo acquedotto saremo in grado di ridurre sensibilmente queste criticità». Alla presentazione del progetto c’erano i due sindaci, Massimiliano Adamoli, del paese di partenza, Dolcè, dove si trova il pozzo e Raffaello Campostrini di Sant’Anna d’Alfaedo, dove invece la condotta arriva. Adamoli, che è anche rappresentante degli otto Comuni veronesi confinanti con il Trentino, ha voluto sottolineare la grande soddisfazione per un’opera che risponde al principio degli interventi su area vasta. «Dove», afferma, «i Fondi dei Comuni di confine hanno portato circa 40 milioni di euro di realizzazioni. Risponde a questa logica anche il ponte fra Dolcè e Brentino che oltre a collegare Lessinia e Baldo, scavalcando l’Adige, permetterà anche di portare l’acqua di Peri verso Brentino, che è da sempre sofferente dal punto di vista idrico». «Grazie ad Acque Veronesi per l’attenzione e la collaborazione che c’è con i nostri Comuni», ha aggiunto Campostrini. «Negli anni Sessanta, quando arrivò l’acqua a Sant’Anna, i vecchi ricordano che era impossibile tenere a freno gli animali che correvano verso le fontane. Oggi per lo sviluppo che abbiamo sarebbe impensabile farne a meno, anzi lavoriamo ancora per potenziare questo servizio con un altro progetto in cui è coinvolta anche Acque Veronesi per portare acqua ed elettricità nelle malghe dell’Alta Lessinia, un segnale di sviluppo importante anche per tanti giovani che vogliono riconvertire le malghe in strutture turistico-ricettive». Si sgretola quindi il sogno del geologo Franco Gandini che da sempre sosteneva che la Lessinai era seduta su un oceano d’acqua e sarebbe bastato cercarla per sfruttarla senza costi? «Diciamo che le riserve che conosciamo in Lessinia sono tutte sfruttate. Il problema è che non bastano e non danno garanzie di continuità come fanno invece i pozzi di pianura», risponde Anti. Acque Veronesi sta inoltre valutando con il Consiglio di Bacino e i Comuni del territorio la creazione di un nuovo collegamento tra l’acquedotto della Val d’Illasi e il serbatoio ai Fontani di Velo, intervento da attivare solo in caso di carenza idrica: un progetto vecchio di decenni, abbandonato in passato per la decisa opposizione dei residenti in Val d’Illasi. •

Vittorio Zambaldo

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