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Nonni e testimoni, premi per Maria Rosa e Bruno

In primo piano  Bruno Campedelli e Maria Rosa Busato  FOTO PECORA
In primo piano Bruno Campedelli e Maria Rosa Busato FOTO PECORA
In primo piano  Bruno Campedelli e Maria Rosa Busato  FOTO PECORA
In primo piano Bruno Campedelli e Maria Rosa Busato FOTO PECORA

Instancabili. L’una nel darsi da fare per il paese, l’altro nel testimoniare l’importanza della pace. Maria Rosa Busato e Bruno Marcotto hanno un’altra caratteristica in comune: la riservatezza. Preferiscono il fare al raccontare di sé, non amano i clamori. In questa genuina umiltà sono d’esempio ed è uno dei tanti motivi per cui il Comune di Cerro Veronese, col sindaco Antonio Bertaso, e il Comitato della biblioteca, presieduto da Marisa Campedelli affiancata dalla bibliotecaria Ilenia Zanoni, hanno deciso di premiarne l’impegno come nonni. Con la consegna di una targa e una cerimonia, sono stati abbracciati dall’intera comunità che ha voluto dire loro grazie. Tuttavia, una volta che se ne conoscono le storie, è riduttivo definirli solo nonni. Maria Rosa Busato ha un curriculum nel volontariato che è impossibile riassumere in poche righe: aiuta la parrocchia, collabora con la Caritas, c’è per chiunque abbia bisogno. L’agenda, scandita da mille impegni, potrebbe non sembrare quella di una settantaseienne: «Faccio fatica a dire di no», giustifica. Intraprendente lo è da quand’era ragazza e a 21 anni, ultima di nove figli, ha ripreso gli studi per diventare maestra. «Mi è sempre piaciuto studiare», premette, precisando di essersi diplomata nel 1972, dopo aver frequentato lezioni serali. Avanti e indietro, al volante della sua auto: pure nell’essere autonoma è stata all’avanguardia. Stando dietro la cattedra, è passata da un paese all’altro ed è stata a lungo catechista. Sensibile, paziente, attenta alle esigenze di bimbi e ragazzi. Scrupolosa nella preparazione: «C’è sempre qualcosa di nuovo da imparare, anzi. È così che ti accorgi di quante cose non sai». Aggiunge un monito: «Non vivacchiate ma vivete, soprattutto se avete un dono da condividere». Maria Rosa ha condiviso la generosità e, sebbene non abbia nipoti suoi, ha conquistato il titolo di nonna per tanti bimbi. Classe 1934, arrivato in Lessinia per amore, Bruno Marcotto ha il piglio del giovanotto. È persona di poche parole: osserva, ascolta. Parla se si toccano temi che gli stanno a cuore. Aveva 11 anni quando vide i tedeschi far irruzione nella sua casa, a Balconi di Pescantina, per arrestare papà Emilio. Con altri due ferrovieri, e l’accusa d’aver dimostrato troppa umanità verso i deportati che passavano dalla stazione, Emilio fu rinchiuso nel forte di San Leonardo, quindi finì in campo di concentramento a Bolzano, poi a Dachau e Muhldorf. Senza mai tornare. «È un dolore che abbiamo voluto tenere dentro per settant’anni», confessa. In occasione del Giorno della memoria ha aperto la scatola dei ricordi, portando la sua testimonianza ai ragazzi delle scuole medie. Lui che da ragazzino, nel campo allestito a Balconi a fine conflitto, correva incontro ai profughi mostrando la foto del padre, sperando di trovare qualcuno che l’avesse conosciuto. «Nelle aule si studia troppo poco la Seconda Guerra mondiale», fa notare con dispiacere. «Non abbiamo imparato proprio nulla», incalza, riferendosi alla situazione in Ucraina. Invita a coltivare la pace, a salvare la democrazia. La sua voce sincera, di chi non ha ceduto alla vendetta, dev’essere un faro. Per questo a Peri di Dolcè, ha annunciato il sindaco Massimiliano Adamoli intervenendo alla cerimonia, sarà collocata una pietra d’inciampo nei pressi dell’abitazione del padre Emilio. Bruno sarà lì, a testimoniare.•.

Marta Bicego

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