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I dati delle denunce

Nati 16 lupi e le predazioni crescono

I bovini uccisi dai lupi sono stati 86, gli equini 8, gli ovicaprini 69 di cui 24 uccise e 37 ferite e  8 disperse
I bovini uccisi dai lupi sono stati 86, gli equini 8, gli ovicaprini 69 di cui 24 uccise e 37 ferite e 8 disperse
I bovini uccisi dai lupi sono stati 86, gli equini 8, gli ovicaprini 69 di cui 24 uccise e 37 ferite e  8 disperse
I bovini uccisi dai lupi sono stati 86, gli equini 8, gli ovicaprini 69 di cui 24 uccise e 37 ferite e 8 disperse

Si è chiuso un 2020 con nuovi record di predazioni in Lessinia superando per numero di vittime il 2017, che finora era stato l’anno peggiore da quando, verso la fine dell’inverno 2012, era stata individuata la prima coppia di lupi sull’altopiano: Slavc maschio di ceppo dinarico balcanico e Giulietta lupa italica proveniente probabilmente dalle Alpi occidentali.

 

I dati raccolti dalle denunce e dai rilievi effettuati dai carabinieri forestali, dal guardiaparco e dalla polizia provinciale di Verona e Vicenza (la Lessinia si spinge fino all’alta valle del Chiampo, con i Comuni di Altissimo e Crespadoro), hanno accertato 88 eventi predatori, con 164 vittime totali, 107 uccise nell’incursione e 57 ferite o soppresse per i danni irreparabili riportati. I bovini sono stati 86 (70 uccisi e 16 feriti o soppressi); gli equini 8 (5 asini uccisi e 3 feriti o soppressi); gli ovicaprini 70 (69 pecore di cui 24 uccise e 37 ferite o soppresse, 8 disperse; 1 capra uccisa).

 

Nei sopralluoghi è stato accertato che degli 88 eventi predatori, 85 con 116 capi uccisi sono sicuramente attribuibili a lupo, mentre 3 con 48 capi uccisi sono stati classificati come opera di canide. Non cambia nulla quanto al risarcimento all’allevatore per i danni subiti perché la Regione Veneto si è impegnata a non fare distinzione, ma indica che non sono stati rilevati elementi sufficienti per attribuire con certezza la predazione al lupo.

 

Quanto alla distribuzione geografica degli eventi predatori è in testa il Comune di Bosco Chiesanuova con 33, seguito da Roverè (13), Sant’Anna d’Alfaedo (12) Velo (11), Erbezzo (10), Badia Calavena (3) e con uno ciascuno Grezzana, Fumane e San Mauro di Saline. Infine va considerato che il numero maggiore di vittime in un unico evento predatorio (30 a Gabiola di Grezzana e 13 a Morandini di Erbezzo), si riferisce sempre a pecore e in entrambi i casi a predazioni attribuite a canide. Anche quando l’attribuzione è accertata per il lupo, numeri così alti (10 a Morandini di Erbezzo, 6 a Purga di Velo e 5 a Sprea di Badia Calavena) sono sempre per eventi predatori su ovini.

 

Sulla base dei dati si può tentare una lettura per capire anche come si stia evolvendo la situazione. Sono in corso i censimenti dei lupi e dei branchi presenti sull’altopiano, situazione favorita anche dalle tracce sulla neve che non è mancata in questo inverno. Finora sono confermate le presenze che erano state definite la scorsa estate, cioè di tre branchi presenti: uno in Lessinia centro occidentale formato dalla coppia originaria (Slavc e Giulietta) un altro adulto nato negli anni precedenti e sette cuccioli nati la scorsa primavera; il secondo branco gravita fra il Monte Tomba e l’alta Val d’Illasi ed è formato da due adulti con cinque nuovi nati; il terzo è il branco cosiddetto del Carega, con quattro cuccioli documentati sul finire dell’estate e che ha portato a 16 il numero dei nuovi nati nel corso del 2020.

 

Già solo i numeri delle presenze fanno capire anche il perché dell’aumento delle predazioni nel 2020 (68 nel 2019 contro 88 nel 2020) e delle vittime (107 contro 164): tre branchi, e così numerosi, sono altrettante bocche da sfamare, la lettura più elementare che si possa fare. Nel 2017 esistevano solo due branchi (Lessinia e Carega) e ci furono 99 eventi predatori con 158 vittime. Lo scorso anno, come detto, gli eventi furono 88 con 164 vittime ma con tre branchi e un numero di predatori che Lessinia e Carega non avevano mai visto in precedenza. Secondo gli esperti, in base al numero di individui presenti, le predazioni sono state contenute e l’aumento di vittime è relativo se si considera il numero di cuccioli nati nell’anno.

 

Occorre precisare inoltre che gli eventi predatori hanno fatto meno notizia perché distribuiti su un territorio vasto, anziché concentrati in pochi chilometri, rendendo meno acuto il problema, almeno dal punto di vista della percezione. Infine occorre dare atto che alcune aziende hanno messo in campo sistemi di prevenzione che negli anni precedenti non c’erano.

 

L’azienda Grisi, ad esempio, che porta parecchi capi in alpeggio a Malga Valsella e che negli anni passati aveva subito pesanti perdite, ha installato una quindicina di dissuasori acustici che finora hanno dato risultati confortanti, riducendo drasticamente le predazioni. Dall’analisi sono esclusi i dati della Lessinia trentina, non ancora disponibili, ma ci è stato confermato che sono veramente contenuti e stabili rispetto agli anni precedenti (2 sole vittime nel 2019, 9 nel 2017), in linea con il numero di presenze accertate di predatori. Nella vicina Provincia autonoma sono stati adottati sistemi di prevenzione che pare stiano dando i loro frutti: grandi aree recintate e presenza più attiva dell’allevatore in alpeggio. •

Vittorio Zambaldo

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