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Monitoraggio dei lupi, è polemica

Un lupo fotografato da Silvano Paiola in Lessinia durante una nevicata
Un lupo fotografato da Silvano Paiola in Lessinia durante una nevicata
Un lupo fotografato da Silvano Paiola in Lessinia durante una nevicata
Un lupo fotografato da Silvano Paiola in Lessinia durante una nevicata

Muro di alcune associazioni contro il progetto di monitoraggio del lupo in Italia coordinato dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e che inizierà il prossimo autunno. Il motivo è che nel Nord Italia il progetto sarà gestito dalla seconda edizione di Life WolfAlps con il supporto del Club alpino italiano (Cai), che ne è sostenitore, attraverso il Gruppo grandi carnivori. Le associazioni Salvaguardia rurale veneta e Proprietari malghe e terreni della Lessinia, il Comitato salvaguardia allevatori della Provincia Verbano-Cusio-Ossola, con i gruppi Valligiani e alpigiani e Proteggiamo la montagna delle valli Ossola e Strona evidenziano in un comunicato le criticità di questa decisione: «Gran parte delle aree frequentate dal lupo non sono pubbliche, ma private, pertanto l’accesso può avvenire solo con specifica autorizzazione da parte di proprietari e conduttori», si rileva, citando l’articolo 637 del Codice penale. «Inoltre, l’installazione di fototrappole o videotrappole su aree private, senza autorizzazione, viola la normativa sulla privacy (art. 13 del decreto legislativo 196 del 2003) e c’è inadeguata e insufficiente formazione degli operatori incaricati al monitoraggio, rispetto agli alti standard che vengono utilizzati per il monitoraggio di qualsiasi altro selvatico, senza contare i grossi rischi in ordine alla sicurezza, per il transito di persone terze su territori aspri, al di fuori di sentieri e passaggi pubblici», sottolineano le associazioni che segnalano invece «la competenza, conoscenza del territorio, capillarità dell’organizzazione territoriale, impegno formativo preparatorio e continuativo nonché un’adeguata formazione gestionale, messa in campo dalle associazioni del mondo venatorio». «Per questo non condividiamo l’appoggio di Ispra al Cai in quello che è un delicato e discusso monitoraggio della specie lupo su scala nazionale, in quanto non riteniamo i soci Cai personale idoneo a tale scopo. Né approviamo le attuali tecniche di monitoraggio (Wolf howling, cioè con il richiamo attraverso l’imitazione dell’ululato e Snow tracking, cioè la ricerca di tracce sulla neve) in quanto inaffidabili e di molteplice interpretazione», precisano le associazioni, che concludono il comunicato «proibendo e diffidando di mettere in atto le iniziative di monitoraggio e fototrappolaggio della specie lupo su alpeggi, terreni e malghe privati o in affitto della Lessinia Veronese e Trentina, del Bellunese e del Verbano-Cusio-Ossola senza regolare autorizzazione del proprietario o affittuario». L’idea del monitoraggio nazionale nasce all’interno del secondo progetto Life WolfAlps, partito nel 2019 e che si concluderà nel 2023. Al precedente, chiuso nel 2018, partecipava anche la Regione Veneto che ha però deciso di non esserci per questo nuovo progetto a cui la Commissione europea ha rinnovato la fiducia aumentando il budget da 6 a 11 milioni di euro. L’obiettivo è migliorare la convivenza uomo-lupo a livello alpino, contrastare le predazioni sui domestici grazie a squadre di intervento sul campo e sistemi di prevenzione efficaci, favorire la sostenibilità economica della presenza del predatore promuovendo iniziative ecoturistiche, definire linee guida di gestione del predatore a livello alpino e mettere in campo le migliori pratiche per rendere compatibili la presenza del lupo e le attività economiche in montagna e pianura. L'ambito di intervento si estende all’intero arco alpino e ai due corridoi ecologici, quello appenninico e quello dinarico, che permettono la connessione delle popolazioni di lupo. Si sono perciò aggregati 19 partner di cui due sloveni (Università di Ljubljana, Slovenian Forest Service), due austriaci (Università di Vienna, Centro di agronomia del Ministero Austriaco), due francesi (Office National de la Chasse et de la Faune Sauvage, Parc National du Mercantour) e 13 italiani (Regione Lombardia, Regione Liguria, Regione Autonoma della Valle d'Aosta, Carabinieri-Forestale, Ente Servizi Agricoltura e Foreste di Regione Lombardia, Aree Protette delle Alpi Cozie, Aree Protette dell'Ossola, Città metropolitana di Torino, Aree Protette dell'Appennino Piemontese, Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi, Muse-Museo delle Scienze di Trento, Accademia Europea di Bolzano), assieme ad altre 100 Istituzioni di supporto convenzionate, fra cui appunto il Cai. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Vittorio Zambaldo

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