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Caprino

Milioni di api morte all'improvviso: «Colpa dei pesticidi per le vigne»

È accaduto a Caprino in agosto, ma i risultati delle analisi dell’Ulss 9 sono di questi giorni
Le api morte, avvelenate dai pesticidi
Le api morte, avvelenate dai pesticidi
Le api morte, avvelenate dai pesticidi
Le api morte, avvelenate dai pesticidi

Un milione di api morte, tutte nello stesso luogo, nel giro di poche ore. Le analisi effettuate dall’Ulss 9 hanno poi rivelato un avvelenamento fulminante da pesticidi. Non poteva credere ai suoi occhi Riccardo Poli, titolare dell’Apicoltura dell’Orso, azienda con sede a Cerna (Sant’Anna d’Alfaedo) ma con arnie sparse su tutte le montagne veronesi: ne possiede oltre duecento, suddivise fra monte Baldo e Carega, passando per la Lessinia. Attorno alle 16 casette che l’apicoltore aveva installato a Caprino, dentro la proprietà di un’azienda vitivinicola biologica con la quale era d’accordo, improvvisamente non si è più visto il solito va e vieni degli impollinatori, né udito il loro consueto ronzio. Tutti morti: dalle api regine fino all’ultima operaia.

 

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Le indagini degli ispettori

Il fatto risale ad agosto, ma Poli ha deciso di sollevare il caso solo adesso. Come mai? «Non volevo darne notizia prima di avere la certezza sulla causa della moria nel mio apiario a Caprino. Subito mi ero rivolto all’Ulss 9», risponde, «ed erano stati inviati sul posto gli ispettori a prelevare campioni di api morte e di cera». «Ora ho in mano i risultati delle analisi effettuate dall’Ulss e posso parlare a ragion veduta. Le mie api sono state avvelenate dai pesticidi per le vigne», svela Poli.

«Da due principi attivi in particolare, presenti in vari fitofarmaci di uso comune». I veleni riscontrati, uno in concentrazione molto elevata, sono il fungicida Fludioxonil (3 nanogrammi per ape) e l’insetticida Etofenprox (8 nanogrammi per ape). Poli ripercorre la vicenda: «Mi avevano telefonato dalla cantina biologica, dicendomi: vieni a controllare; non vediamo più le api, deve essere successo qualcosa», racconta. «Erano passati solo pochi giorni da quando avevo fatto visita alle arnie a Caprino e avrei dovuto tornare presto perché era tempo di prelevare il miele. Sono quindi partito con molta speranza, perché l’ultima volta stavano bene».

 

La scoperta: cumuli di insetti senza vita

«Pensavo», continua, «che si fossero ammassate all’ingresso delle arnie, a formare la cosiddetta barba: insieme, con le ali, creano un flusso d’aria per ventilare e rinfrescare l’interno del nido nei periodi più afosi». Invece, la brutta scoperta: «Quando sono arrivato non ho trovato altro che cumuli di insetti senza vita, dentro e attorno alla fila di casette. In anni di lavoro, non avevo mai visto una strage simile». Prosegue: «Nonostante l’apiario fosse ospitato sui terreni di una azienda vitivinicola biologica, le api possono spostarsi di parecchi chilometri, soprattutto quando il clima ostile le mette a corto di acqua e cibo; fatto che si è sicuramente verificato in quest’ultima estate bruciata dalla siccità».

Poli ipotizza che l’«ecatombe» di api a Caprino - le 16 arnie ne ospitavano da 800mila a un milione - sia stata provocata da un mix di concause: «Gli insetti, assetati per il gran caldo, devono essersi spinti parecchio distante in cerca di acqua. Probabilmente sono capitati in vigneti, non biologici, che erano stati appena irrorati con i pesticidi. Le api avranno succhiato quelle goccioline velenose e, com’è loro consuetudine, devono aver portato da bere anche al resto delle colonie dentro le arnie contaminando tutto. Poche ore dopo, non c’era una sopravvissuta».

Quelle sostanze chimiche, letali per gli impollinatori, rilevate dalle analisi dell’Ulss «non sono illegali», sottolinea Poli. «Anzi, sono ingredienti di molti preparati per la cura delle viti». Quindi, com’è potuta accadere la strage? Ipotizza Poli: «Io sospetto che, contrariamente a ciò che suggeriscono le buone pratiche, cui gli agricoltori dovrebbero attenersi, quei pesticidi fossero stati abbondantemente spruzzati in pieno giorno, quando le api sono già in giro in cerca di nutrimento e acqua». «Al contrario, proprio per tutelare il più possibile gli impollinatori e, in generale, la biodiversità, i fitofarmaci andrebbero sparsi di prima mattina o in serata. E nella concentrazione minima per avere un effetto».

 

Danno da alcune migliaia di euro

«Io capisco gli agricoltori. Per non rischiare di perdere prodotto», commenta, «devono trattare con gli insetticidi. A volte pesantemente. Per esempio quando nei vigneti emergono focolai di malattia, come la flavescenza dorata: una virosi trasmessa dalla cicalina». «Non sto sollevando il caso nella speranza di un risarcimento, perché, pur avendo subito un danno di alcune migliaia di euro, non mi spetta nulla, in quanto le sostanze che hanno avvelenato le api sono legali. Sollevo il caso», conclude Poli, «per evidenziare il controsenso della monocoltura intensiva che rende le piante sempre più deboli, vittime di parassiti non contrastati da predatori naturali e quindi bisognose di trattamenti fitosanitari sempre più pesanti. A un prezzo davvero alto per la natura e per l’uomo stesso».

Lorenza Costantino

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