Ha tagliato lo scorso 30 novembre il traguardo del secolo, Maria Mettifogo, e oggi, dopo la messa delle 9.45, sarà a festeggiare, a contrada Venchi di San Bortolo, con i nove figli, 21 nipoti e 24 pronipoti: guarda l’albero genealogico e si commuove pensando a Jack, l’ultimo nato lo scorso febbraio, che ha fatto in tempo a conoscere questa bisnonna eroica perché ha la storia della povera gente scritta nella carne e nella memoria che conserva ancora lucidissima. Restò orfana di padre a 9 anni, con altri quattro fratelli di cui il più piccolo aveva solo 11 mesi. Toccò a lei mendicare di porta in porta una manciata di farina di polenta: «Tre Ave Maria davanti a ogni porta e tante porte non si aprivano o si aprivano per dire “Abbiamo fame anche noi”», ricorda Maria, una croce portata per tre anni e poi passata sulle spalle dei fratelli più piccoli mentre lei, «da grande», a 14 anni, era già a servizio in un albergo di Recoaro e poi in una famiglia di «siori» a Padova. Ricorda ancora quando vennero a pignorare l’unico campo che avevano e il poco fieno raccolto per le tre pecore rimaste. «In casa non abbiamo mai cotto un uovo: servivano da barattare con altri beni di prima necessità e siamo cresciuti a polenta, castagne, “nose, pomi, rave e capussi”. Mamma riuscì a comperare una capra e la bottiglia del latte non calava mai, nonostante bevessimo in cinque, perché continuava ad allungare il contenuto con l’acqua». A 19 anni lavorò per quasi un anno negli orti di Albenga, «un lavoro duro perché la sveglia era sempre alle 5 di mattina, mezzogiorno non arriva mai e ci facevano lavorare anche fino all’una con la scusa che nessuno aveva un orologio. Però pagavano bene e almeno mangiavo». Fu costretta a tornare, in seguito ai bombardamenti alleati che stavano distruggendo le linee ferroviarie del Nord Italia, ma fece ancora in tempo a rischiare la vita sotto un mitragliamento del camion tedesco che la riportava a Sant’Andrea da Campobrun, dove era andata a portare da mangiare a due fratelli, vicino all’età di leva, che erano costretti a lavorare per i tedeschi per impedire che si arruolassero con i partigiani. Il 21 aprile del 1945, Maria si sposò con Euclide Presa, da cui ebbe Gino, Teresa, oggi suora canossiana, Ada, Laura, Goretta, Lina, Rosetta, Marino e Giovanni che aveva appena 8 anni quando papà Euclide morì in un incidente stradale. Il sindaco Marco Cappelletti, con il vice Silvano Valcasara hanno partecipato al taglio della torta regalando a Maria una targa e brindando con lei: «Ha scampato la febbre spagnola, ha visto due ricostruzioni dopo altrettanti conflitti mondiali, conosciuto la fame e la sofferenza: è figura davvero eroica e tutta la comunità di Selva di Progno si stringe attorno a lei e alla sua numerosa e bella famiglia», ha detto Cappelletti. •.