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Maglie più larghe per la caccia al cinghiale

Un esemplare di cinghiale con i cuccioli: sul Baldo e in Lessinia sono sempre più diffusi, anche in quota
Un esemplare di cinghiale con i cuccioli: sul Baldo e in Lessinia sono sempre più diffusi, anche in quota
Un esemplare di cinghiale con i cuccioli: sul Baldo e in Lessinia sono sempre più diffusi, anche in quota
Un esemplare di cinghiale con i cuccioli: sul Baldo e in Lessinia sono sempre più diffusi, anche in quota

Undici sindaci della Lessinia, assieme al commissario straordinario del Parco Stefano Angelini e al presidente di Coldiretti Verona Daniele Salvagno, avevano inviato al presidente della Provincia Manuel Scalzotto una richiesta urgente di modifica della delibera 71 del 2014, che vincola la caccia al cinghiale in Lessinia fuori dai confini del Parco naturale regionale e al di sotto della quota di 900 metri di altitudine sul livello del mare, un limite altimetrico non previsto sul Monte Baldo dove, peraltro, solo da quest’anno è avviata la caccia al cinghiale. Ma la Provincia non ritiene che la questione sia posta correttamente, soprattutto per quanto riguarda la competenza: «Infatti il limite altimetrico dei 900 metri per l’esercizio della caccia, previsto a partire dal 2010, viene fissato di anno in anno con apposita deliberazione dalla Regione, su proposta della Provincia e a seguito dell’acquisizione del parere dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale», spiega il faunista della Provincia Ivano Confortini. Quindi sarebbero altre le porte a cui bussare per ottenere in questo momento una modifica della legislazione in vigore: «L’autorizzazione all’esercizio della caccia al cinghiale, sia per la Lessinia sia per il Baldo, è disposta annualmente dalla Regione su proposta della Provincia e stabilisce le zone, i tempi, gli orari e le modalità di prelievo, mentre con la deliberazione della Provincia numero 71 del 2014, di cui è chiesta la modifica, sono state approvate solo le direttive tecnico-operative attuative: pertanto una modifica per questa stagione venatoria delle aree sottoposte a caccia, come chiesto dai Comuni, deve essere necessariamente approvata dalla Regione», ribadisce Confortini. Resta il fatto che il territorio sopra i 900 metri (escluso quello del Parco) attualmente può essere interessato dal prelievo in controllo, sia da appostamento che in girata (dal primo ottobre) in conformità con quanto previsto dal piano di eradicazione regionale e del conseguente piano provinciale: quindi c’è la concreta possibilità di contenere il cinghiale anche alle quote maggiori, ad esclusione delle aree Parco. La differenza è che la caccia mira alla gestione della specie e al suo mantenimento sul territorio, mentre il controllo è una forma di prelievo che si propone il contenimento, anche fino all’eradicazione se necessario, di una specie «problematica» ed è fatto da soggetti autorizzati: in definitiva però, entrambe le metodiche consentono il prelievo del cinghiale. Le prede nel primo caso appartengono al cacciatore, nel secondo sono di proprietà di Regione o Provincia, che comunque le destina al cacciatore (coadiutore) che ha effettuato l’abbattimento, a titolo di rimborso spese e a seguito degli accertamenti sanitari sulla carcassa. Sopra i 900 metri la caccia al cinghiale era sospesa da aprile, ma è stata riaperta dalla Provincia anche alla luce della sentenza del Consiglio di Stato che ha legittimato il piano regionale di eradicazione del cinghiale. Pertanto in questo momento al di sopra dei 900 metri è possibile prelevare i cinghiali in controllo (anziché in caccia), con conseguente conferimento delle spoglie a un centro di lavorazione o a un centro di raccolta come quello aperto a Valdiporro grazie ai cacciatori del Comprensorio alpino e al Comune di Bosco Chiesanuova. «Comunque l’ampliamento del prelievo venatorio al di sopra dei 900 metri è stato previsto nella proposta di Piano faunistico-venatorio provinciale approvato nel 2014, ma ad oggi non ancora in vigore in attesa dell’adozione del piano regionale. Questo a conferma del fatto», aggiunge Confortini, «che in questi anni il cinghiale ha ampliato il suo areale anche verso le quote altimetriche maggiori, ove comunque in questo momento è possibile praticare il controllo. Per il prossimo anno si dovrà tenere conto di questa esigenza». Confortini precisa: «Finora non era mai stata manifestata questa esigenza alla Provincia e comunque anche negli anni passati, quando il controllo era consentito al di sopra di tale quota, gli abbattimenti erano occasionali e in pochissime unità. Naturalmente per il futuro si dovrà tener conto della continua espansione del cinghiale anche verso quelle aree fino a qualche anno fa ritenute non idonee alla specie». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Vittorio Zambaldo

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