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Lupi, la soluzione si chiama radiocollare

Il radiocollare applicato ai lupi serve anche ad attivare nuovi sistemi di allerta rapida
Il radiocollare applicato ai lupi serve anche ad attivare nuovi sistemi di allerta rapida
Il radiocollare applicato ai lupi serve anche ad attivare nuovi sistemi di allerta rapida
Il radiocollare applicato ai lupi serve anche ad attivare nuovi sistemi di allerta rapida

Il radiocollare al lupo appartenente al branco che ha fatto scempio di pecore e agnelli del gregge di Lorenzo Erbisti nei giorni scorsi, avrebbe potuto salvare almeno qualcuno degli undici capi uccisi fra Conca dei Parpari e Malga San Giorgio? Per gli allevatori la domanda ha poco senso, perché non hanno mai digerito il progetto sperimentale messo in campo dalla Regione «per la gestione proattiva del lupo in Veneto attraverso catture e telemetria satellitare». Come avevano già osservato durante la festa di Podestaria lo scorso agosto, scrivendolo a caratteri cubitali, «i vostri radiocollari da 180mila euro usateli per tenere fuori dalla Lessinia progetti, esperti, ambientalisti e amici dei lupi». Per i ricercatori invece il progetto potrebbe portare dei buoni risultati e queste sono le speranze dopo la cattura nell’area vicentina del Monte Grappa, lo scorso 6 agosto, di una femmina adulta del peso di 35 kg, in buone condizioni, non allattante. Dopo essere stata sedata per effettuare le misurazioni biometriche, i prelievi per la genetica e apporre il radiocollare Gps, l’animale è stato rilasciato e in poche ore era di nuovo in movimento, probabilmente con il suo branco, con spostamenti di alcuni chilometri dall’area di rilascio. Il giorno successivo era già disponibile il referto genetico eseguito dai laboratori dell’Ispra: confermava trattarsi di una femmina, con patrimonio genetico per metà di origine italica e metà dinarica, quindi di una figlia, o nipote, della prima coppia di lupi, Slavc e Giulietta in Lessinia dal 2012. «È ora possibile, grazie alla combinazione di dati ottenuti da fototrappole, genetica e telemetria avere maggiori informazioni sul branco di appartenenza, sugli spostamenti e sull’attività dell’animale nell’area», spiega Duccio Berzi, forestale e tecnico faunistico dell’équipe del professor Mario Apollonio, coordinatore del progetto sottoscritto dalla Regione Veneto con il Dipartimento di veterinaria dell’università di Sassari. «Della lupa radiocollarata di origine lessinica si potranno seguire con regolarità comportamenti e spostamenti e attivare, in via sperimentale, nuovi sistemi di allerta rapida, ogni qualvolta l’animale supererà le cosiddette «barriere virtuali». È la prima esperienza in Europa dell’utilizzo delle telemetria per la riduzione del conflitto con il lupo oltre che per determinare la presenza dei branchi effettuata ed aggiornata in maniera scientifica. «La telemetria è stata finora utilizzata in Italia solo a scopi scientifici, con dati spesso chiusi nei «cassetti» dei ricercatori ma può essere utilizzata anche ai fini applicativi come già accade in Nordamerica, dove la ricerca scientifica in campo faunistico è da sempre utilizzata per finalità gestionali», spiega Berzi. «I dati, oltre a fornire importanti informazioni sulla specie (si tratta del primo animale radiocollarato in Veneto), verranno utilizzati in maniera «proattiva» cioè per analizzare le relazioni tra lupo e zootecnia, capire quali siano i fattori e condizioni gestionali che predispongono gli attacchi, validare le opere e le strategie di prevenzione e, non ultimo, sperimentare nuovi strumenti elettronici di allerta, sensori di prossimità, che si attivano in funzione dello spostamento dell’animale. In questo modo si intende sviluppare la creazione di una rete di relazioni e collaborazioni tra tecnici e allevatori con uno scambio di informazioni continuo, finalizzato a rendere la prevenzione sempre più efficace», aggiunge il ricercatore. Sviluppati insieme a Vectronic aerospace, società tedesca leader in tecnologie per il monitoraggio faunistico, i sensori di prossimità sono dispositivi «stand alone» (cioè capaci di funzionare senza essere necessariamente collegati a un’altra macchina), in grado di allertare tecnici e allevatori nel momento in cui l’animale si avvicina a zone sensibili (ad esempio stalle o recinti) e quindi permettere di annullare o minimizzare i danni dell’attacco. A questi dispositivi i tecnici prevedono di affiancare la creazione «sulla carta» di poligoni geografici virtuali («virtual feces») corrispondenti alle aree momentaneamente utilizzate per il pascolo o per il ricovero degli animali. Una volta valicati dall’animale radiocollarato, metteranno in allerta gli operatori, che a loro volta potranno tempestivamente avvertire i gestori delle aziende a rischio o intervenire con azioni di prevenzione mirate o di dissuasione. •

Vittorio Zambaldo

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