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Il caso

Lo sfogo dei paesi della Lessinia: «Senza linea telefonica tagliati fuori dal mondo»

La storia di Fiorella Dalla Valentina sulle difficoltà di comunicazione per la mancata copertura della rete telefonica, raccontata pochi giorni fa dal nostro giornale, ha scatenato i commenti di chi, pur non abitando come lei a Giazza (in località Gisoul), in Lessinia ci vive e deve fare i conti con gli spostamenti in auto ai quali si è costretti per conquistare i punti del paese in cui è assicurato un minimo di campo, le ricerche affannose di segnale da veder apparire sullo schermo del telefonino per far partire quel messaggio rimasto nel limbo dell’invio, le peregrinazioni tra operatori.
Chi vive in collina o in montagna, e chi frequenta queste zone abitualmente, ha imparato a far i conti con l’impossibilità di usare il cellulare. È raro intrattenere una chiamata spostandosi tra un paese e l’altro o salendo dalla città: cade la linea, a tratti la voce scompare, gran parte della conversazione è scandita da insistenti «pronto, mi senti?». L’operatore telefonico che funziona bene in un Comune, latita in un altro. E viceversa. Ognuno si arrangia come può, se della linea ha bisogno per lavoro o motivi di salute. 
«Anche a Tregnago sui monti telefonare è un’impresa», si legge nel messaggio di Damiano Zattarin, nel centinaio di commenti che hanno seguito la pubblicazione dell’articolo di Dalla Valentina sulla nostra pagina Facebook. Idem a Bolca, riporta Federica Micheletti.
A far eco è Lilia Grubisic: «A Rosaro, Azzago, Romagnano e fin quasi a Grezzana i cellulari si possono anche spegnere, non ricevono e non si può telefonare». Raggiunta al telefono, ovviamente fisso, la 70enne spiega di essersi trasferita ad Azzago da Grezzana quattro anni fa, quindi ha provato il passaggio dall’usare il telefonino con tranquillità al vagare alla ricerca di segnale.
«Semplice, nessuna compagnia telefonica copre questa zona. Le ho provate tutte», confessa. Abbinando un numero alla fibra ha in parte risolto, costretta dalle condizioni di salute del marito che due anni fa è stato sottoposto a trapianto di rene: «I medici non riuscivano a contattarci, ma quando arriva la chiamata dall’ospedale per la disponibilità di un organo bisogna essere reperibili». In vista di un altro trapianto, adesso è più tranquilla, però il disagio rimane: «Ci si sente tagliati fuori dal mondo», ribadisce. 
Storie d’isolamento. «Sicuri che sia proprio una sfortuna?», chiosa in un altro commento Daniele Moneghini. C’è chi rifugge la frenesia e brama la tranquillità della montagna per beneficiare della quiete. Il cellulare si può tenere spento in qualsiasi momento. Effettuare una telefonata, magari d’emergenza, dove non è possibile, può essere invece un grave problema. 
Stefano Valdegamberi, consigliere regionale, di Badia Calavena, da tempo conduce una personale battaglia in nome degli abitanti dell’altopiano. «Caro Draghi, caro ministro delle Telecomunicazioni, cari ministri...»: non è la prima volta che scrive a Roma per segnalare la mancanza di adeguata copertura telefonica nelle piccole comunità marginali e in buona parte della Lessinia. Così nei giorni scorsi, raccogliendo il malcontento di un residente di Giazza, ha lanciato l’ennesimo appello.
La domanda che rivolge al governo è diretta: perché non obbligare i concessionari della telefonia a investire su queste aree? «Senza copertura telefonica oggi non si fa nulla», incalza. «Non si lavora, non si fa turismo né si offre sicurezza alla gente che vive o frequenta queste località. Prima di parlare di transizione ecologica o di altri bei programmi di innovazione tecnologica, preoccupatevi di portare questo servizio fondamentale dove manca», prosegue. Altra stoccata: «Non abitiamo tutti a Roma o Milano!».
Secondo Valdegamberi c’è un’Italia che rischia di essere tagliata fuori per mancanza dei servizi di base: «Inutile parlare di fantasmagorici piani di sviluppo delle aree marginali quando in queste non è possibile non solo accedere alla rete, ma fare una normale telefonata!». 

Marta Bicego

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