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Lessinia e Baldo:
«Queste non sono
terre per i lupi»

Lupi in branco: non si conosce esattamente il numero dei predatori presenti in Lessinia
Lupi in branco: non si conosce esattamente il numero dei predatori presenti in Lessinia
Lupi in branco: non si conosce esattamente il numero dei predatori presenti in Lessinia
Lupi in branco: non si conosce esattamente il numero dei predatori presenti in Lessinia

Sta girando da giorni sui tavoli dei sindaci di Lessinia, Baldo e Altopiano di Asiago, la petizione proposta dal consigliere regionale Stefano Valdegamberi con alcuni amministratori di Selva di Progno e di altri Comuni della Lessinia riguardo ai lupi, appoggiata anche dalla neonata associazione Salvaguardia rurale veneta. È indirizzata al governatore regionale Luca Zaia e attende solo di completarsi con le firme di tutti i sindaci. Si chiede alla Regione di «assumersi la responsabilità della tutela della montagna veneta senza falsi proclami o demagogia e di farsi promotrice dell’approvazione di un “Piano lupo“, per contenere la specie nei limiti di una reale compatibilità ambientale, nel pieno rispetto delle esistenti disposizioni di legge».

La petizione ricostruisce la storia della recente presenza dei lupi in Lessinia e sostiene che il numero di 12-14 esemplari non è affatto certo, mentre gli avvistamenti e i capi predati porterebbero a stimare almeno una ventina di esemplari. Si fa il conteggio delle predazioni e si portano i numeri parziali e totali dal 2012 a fine 2016, elencando 213 capi razziati, di cui 167 uccisi, 29 feriti e 17 abbattuti per le conseguenze subite.

«La Lessinia non è terra per lupi», si sostiene «e la presenza di un predatore così pericoloso, anche per l’uomo, non è compatibile e i mezzi propagandati per la difesa del proprio bestiame appaiono limitati, inaccettabili se non ridicoli. Sollecitare gli allevatori a provvedere alla difesa dei propri capi di bestiame munendosi di recinzioni elettriche è assurdo per un ulteriore impegno, impensabile, estenuante, esasperante e contro la stessa logica del pascolo libero».

La petizione sostiene che «la paura che costituiva un atavico ricordo è tornata anche per l’uomo e nonostante le continue e irresponsabili smentite, circa l’aggressività del lupo nei confronti dell’ uomo, resta il fatto, storicamente documentato, di possibili attacchi» e che «la mancata persecuzione da parte dell’ uomo porta all’aumento di lupi, senza alcun controllo e a un atteggiamento sempre più spavaldo del predatore».

Si ricorda che l’articolo 11 della legge 157 del 1992, in linea con la direttiva europea «Habitat», stabilisce, che il ministero dell’Ambiente possa autorizzare alcune deroghe alla tutela speciale di cui gode il lupo per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali; per prevenire danni gravi, specificatamente alle colture, all’allevamento; nell’interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi di rilevante interesse pubblico. «Oggi il lupo non rischia sicuramente l’estinzione; oggi è la Lessinia che rischia l’abbandono! Per questo chiediamo rispetto e riconoscimento per il nostro lavoro e impegno, noi uomini e donne della Lessinia che continuiamo a praticare l’attività agricola e di allevamento, nonostante sia sempre meno remunerativa, garantendo la cura e la salvaguardia di un territorio che, altrimenti, sarebbe abbandonato».

«È un’iniziativa seria, che parte dal basso e certifica la volontà popolare», avverte Valdegamberi, «ed è giusto che la politica ne tenga conto e faccia ora la sua parte perché il problema è di tutti, non risolvibile stando a tavolino o alla finestra».

Vittorio Zambaldo

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