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Le valli dell’Himalaya? No, siamo sul Carega

Cima Tibet: non è una vetta ma la cresta di Costa Media
Cima Tibet: non è una vetta ma la cresta di Costa Media
Cima Tibet: non è una vetta ma la cresta di Costa Media
Cima Tibet: non è una vetta ma la cresta di Costa Media

Ascensione a Cima Tibet domani per i sessant’anni dell’ insurrezione di Lhasa (Tibetan Uprising National Day) causata dall’invasione e dall’ occupazione del Tibet da parte della Cina. L’evento sta passando in sordina perché l’uno è rimasto un paese povero, umiliato e pacifico, oltre che oppresso, e l’altro è diventato potenza planetaria con interessi diramati ovunque. Ma c’è chi non dimentica e anche a Verona ci si unisce al ricordo silenzioso e spirituale del Dalai Lama in esilio in India e di milioni di tibetani rimasti in patria. Come dieci anni fa, in occasione del cinquantesimo anniversario, gli alpinisti veronesi si danno appuntamento a Cima Tibet, nel gruppo del Carega. Il ritrovo, per chi vuole unirsi, è alle 8 all’Osteria Ljetzan in piazza don Mercante a Giazza o alle 8.30 al Rifugio Revolto. La meta successiva è Cima Tibet, che in realtà non è una vetta, ma la cresta di Costa Media, all’uscita del sentiero attrezzato Angelo Pojesi, a 2.030 metri di quota, nello spartiacque fra la Valle di Revolto e quella dei Ronchi, poco più in basso di Cima Madonnina. È diventata Cima Tibet dopo che Flavio Begali, socio della sezione Cesare Battisti del Cai, in un trekking in Nepal nel 1998 nel Langtang, al confine con il Tibet, rimase folgorato dall’incontro con una comunità di monaci buddisti e decise di portare con sé alcune bandierine multicolore di preghiera che sventolano nelle valli himalayane, con l’intenzione di sistemarle sul Carega. Con l’aiuto di Flavio Giuliani e Adriano Testa, piantò sul posto un palo di quattro metri addobbandolo con le bandierine tibetane, rinnovando ogni anno quelle consunte dal vento. C’è anche una targa ricordo dell’amicizia fra il Cesare Battisti e la scuola di Gurmo-Selung, in Tibet, finanziata dalla generosità dei «battistini» tramite l’associazione Eco Himal di Tona Sironi Diemberger. Porta incisa la scritta «Free Tibet» e il mantra più famoso: «Om mani padme hum», che letteralmente significa «Salve, gioiello nel fiore di loto», ma il cui significato recondito è molto più profondo e spirituale e rimanda alla fonte della conoscenza e della propria realizzazione nella vita. Col tempo il crinale con le bandierine di preghiera è stato preso da alpinisti ed escursionisti come punto di riferimento ed è ormai comunemente chiamato da tutti Cima Tibet. Nel 2008 ci furono due clamorosi eventi a maggio e ad agosto, in concomitanza con le azioni di protesta dei tibetani contro l’occupazione cinese e in occasione dell’apertura dei giochi olimpici di Pechino: migliaia di alpinisti in tutto il mondo salirono su diverse cime portando dei lacrimogeni rossi accesi tutti alle 13, ora locale, per solidarizzare con il popolo tibetano. A Cima Tibet, come su altre cime del Carega, il cielo si accese di rosso per la pacifica protesta che aveva lo scopo di tenere viva nell’opinione pubblica la memoria di una popolazione che sta rischiando di perdere anche l’identità culturale e spirituale dove aver perduto la propria terra. Begali e tanti appassionati veronesi di montagna non rinunciano a prendersi cura di questo posto seguendo da vicino la pulizia e il decoro di Cima Tibet perché resti luogo di sosta, di memoria, di preghiera e di riflessione sulla pace e la tolleranza fra i popoli. •

V.Z.

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