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Le Poste non hanno i soldi per il trasloco

L’attuale sede dell’Ufficio postale di Erbezzo, in procinto di essere interessata dai lavori
L’attuale sede dell’Ufficio postale di Erbezzo, in procinto di essere interessata dai lavori
L’attuale sede dell’Ufficio postale di Erbezzo, in procinto di essere interessata dai lavori
L’attuale sede dell’Ufficio postale di Erbezzo, in procinto di essere interessata dai lavori

Sono solo 89 passi, gradini compresi, meno di un centinaio di metri da una piazza all’altra al centro del paese, praticamente un edificio, quello dell’albergo Berna, da aggirare, eppure sembra l’approdo all’Ultima Thule. Poste Italiane non avrebbe i soldi per traslocare con timbri e bollettini da uno stabile all’altro e sta tenendo in ostaggio il Comune che sull’attuale edificio, in cui è ospitato l’ufficio postale, deve avviare i lavori di ristrutturazione entro il prossimo febbraio, altrimenti rischia di perdere i 500mila euro di finanziamento ottenuto dal Fondo Comuni di confine. La storia sembra assurda, ma è vera e il sindaco Lucio Campedelli non sa più a che santo votarsi per svuotare quei locali: «Da anni c’è in ballo il progetto di ristrutturare il vecchio edificio comunale che dagli anni Settanta ospitava anche la banca, la farmacia, l’ambulatorio medico e dell’Ulss 9 per i prelievi e al piano superiore anche alcuni alloggi affittati a privati. Finalmente, dopo anni di attesa, siamo riusciti ad ottenere i fondi necessari per l’intervento che prevede l’abbattimento dell’edificio non più a norma e la ricostruzione di un nuovo immobile nel quale, pur rinunciando a qualche metro di cubatura e realizzandolo solo su un piano, abbiamo deciso di destinarlo a nuove attività. Pensiamo ad iniziative avviate da giovani che potrebbero insediarsi con le agevolazioni di un canone di locazione vantaggioso. Nell’interrato esistente in procinto di ampliamento, troverebbero posto l’archivio comunale, il garage per i mezzi del Comune e locali per la Pro loco». Ma gli intoppi non sembrano proprio mancare: «Abbiamo chiesto a tutti gli inquilini, con congruo anticipo e con diversi rinvii, di lasciar libero lo stabile in vista dell’avvio dei lavori: hanno già trovato nuove collocazioni sia la farmacia, sia la banca; gli stessi inquilini privati si sono sistemati altrove e a giorni si trasferiranno anche gli ambulatori. Solo le Poste non se ne vogliono andare», racconta sconsolato il primo cittadino. Sono partite lettere, email, posta certificata ma proprio le Poste, che si incaricano di recapitare il tutto, non hanno mai risposto: «Mai una risposta scritta», lamenta il sindaco, «solo comunicazioni verbali per dire che in caso di chiusura si trasferirebbero a Bosco Chiesanuova o a Grezzana con grave disagio per i loro utenti e nostri cittadini più anziani che non sarebbero in grado di raggiungere le località. Poi c’è anche la giustificazione relativa all’assenza di soldi per permettersi un trasloco di un centinaio di metri». In realtà basterebbe una catena umana di una cinquantina di persone per trasferire gli scatoloni da un posto all’altro, perché il Comune, pur di risolvere la questione, ha messo a disposizione una parte della sala civica al piano terra del municipio, impegnandosi a proprie spese a fornire tutti gli allacciamenti necessari per il buon funzionamento dell’ufficio. Ma neanche questa pare sia una proposta allettante. «Veramente all’inizio pensavamo che il trasloco delle Poste fosse l’ultimo dei problemi, dato che l’ufficio è aperto per sole tre mezze giornate alla settimana, martedì, venerdì e sabato. Sempre a voce ci avevano assicurato che in casi simili, per soluzioni provvisorie, come fatto in altre occasioni, viene installato un container attrezzato come ufficio postale», sottolinea il sindaco, deluso dal comportamento di Poste italiane. Con Aldo Gugole sindaco di Selva di Progno e altri sei amministratori veronesi, Campedelli era a fine novembre a Roma su invito dell’amministratore delegato di Poste Italiane Matteo Del Fante ad ascoltare parole che suonavano come musica, un decalogo in cui si affermava, tra le altre cose, per la prima volta la volontà dell’azienda di non chiudere nessun ufficio postale in Comuni al di sotto dei 5mila abitanti; di avviare un ufficio centrale dedicato ai rapporti con i piccoli Comuni; di abbattere entro il 2020 le barriere architettoniche presenti nei suoi uffici. Nessuno crede che Poste Italiane, che si vanta di aprire tutti i giorni 12.824 uffici postali ai quali ogni giorno accedono oltre tre milioni di persone; di amministrare 1.500 miliardi di risparmi e che con questi paga il viaggio e il soggiorno in albergo a Roma a oltre tremila sindaci dei Comuni con meno di 5mila abitanti, non abbia un migliaio di euro per traslocare di cento metri quattro scatoloni di scartoffie». •

Vittorio Zambaldo

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