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La guerra degli allevatori discriminati

Di qua o di là del confine? A volte può fare la differenza
Di qua o di là del confine? A volte può fare la differenza
Di qua o di là del confine? A volte può fare la differenza
Di qua o di là del confine? A volte può fare la differenza

Allevatori veronesi sul piede di guerra per l’indennità compensativa, un premio concesso agli agricoltori operanti nelle zone montane per equilibrare, almeno in parte, gli svantaggi a cui è soggetta l'attività agricola in tali aree. Viene concessa per ogni ettaro di superficie agricola ricadente nelle zone classificate montane, sulla base di parametri unitari, fissati per classe di svantaggio, come specificato nel bando del Programma di sviluppo rurale (Psr). Fino al 2015 le aziende con sede legale in Veneto, che conducevano i propri capi al pascolo in malghe fuori regione, beneficiavano degli aiuti direttamente dalla Regione Veneto. In seguito la Commissione Europea ha invece stabilito che il premio sia in capo al Psr regionale che ottiene il beneficio in termine territoriali: quindi per i pascoli, le aree trentine che sono pascolate da capi provenienti dal Veneto. Pertanto dal 2016, quindi per tre anni di fila, la Provincia autonoma di Trento non ha sborsato un euro a favore degli allevatori veronesi, richiamandosi a una regola del bando che la stessa Provincia ha fatto aggiungere. Di fatto si prevede l’esclusione degli aiuti per le imprese zootecnico intensive con carico di bestiame superiore a 4 Uba (Unità bovino adulto) per ettaro. «IL SISTEMA ADOTTATO per il calcolo delle Uba per ettaro dalla Provincia di Trento è iniquo», spiega Renzo Aldegheri, che segue le pratiche degli allevatori veronesi attraverso la Confederazione Agricola e Agroalimentare regionale del Veneto, «in quanto conteggia tutti i capi di bestiame aziendali presenti nella Banca dati nazionale di una singola azienda, sia che siano in alpeggio nelle malghe trentine o in quelle veronesi o addirittura in stalla, mentre per la superficie foraggiera considera solo quella ricadente nel territorio della provincia di Trento (le superfici a pascolo sono considerate in misura ridotta pari a 0,4 ettari per ogni Uba alpeggiata) e nei comuni limitrofi. Però le imprese venete della Lessinia che richiedono l’indennità compensativa in Trentino», prosegue Aldegheri, «hanno superficie foraggiere in Veneto in comuni montani non limitrofi alla provincia di Trento, ma contermini con questi (Roverè, Velo, San Mauro di Saline, Badia Calavena) e in Trentino solo superficie a pascolo che utilizzano da decenni». «Di fatto l’azienda pur rispettando ampiamente il carico di bestiame, è esclusa dai benefici per norme assurde», osserva Aldegheri, «che hanno l’unico risultato di mettere in crisi e non ricompensare con quanto dovuto aziende che da decenni operano in zone montane. Appare evidente il carattere discriminatorio delle scelte fatte. Se si considerano tutti i capi aziendali, vanno considerate anche tutte le superfici foraggere aziendali», conclude. Sono 13 solo nel Veronese le aziende zootecniche in queste condizioni, e ben 25 in tutto il Veneto, che ci stanno rimettendo migliaia di euro (fra i 10mila e i 20mila euro all’anno) e che si vedono costrette a rivolgersi alle vie legali per ottenere soddisfazione. Il consigliere regionale Stefano Valdegamberi si è preso a cuore la situazione e si è proposto di arrivare a una soluzione almeno tampone, coinvolgendo la Regione Veneto: «Sarebbe giusto che fosse la Provincia di Trento a pagare, ma ci scontriamo con un muro di gomma. Le imprese della Lessinia che portano i loro capi sui terreni della Lessinia trentina sono discriminate e penalizzate da norme prive di buon senso che andrebbero denunciate all'Unione Europea, a cui chiederò di bloccare i contributi destinati al Trentino, per palese discriminazione e violazione delle norme di eguaglianza di tutti i cittadini europei», azzarda il consigliere regionale veronese. •

Vittorio Zambaldo

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