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Il racconto

L'ostetrica veronese in Inghilterra: «Qui più casi nelle ultime settimane che in primavera»

La giovane ostetrica veronese al lavoro al Queen Elizabeth Hospital a Greenwich
La giovane ostetrica veronese al lavoro al Queen Elizabeth Hospital a Greenwich
La giovane ostetrica veronese al lavoro al Queen Elizabeth Hospital a Greenwich
La giovane ostetrica veronese al lavoro al Queen Elizabeth Hospital a Greenwich

È da sei anni in Inghilterra, ostetrica al Queen Elizabeth Hospital a Greenwich, Marta Campostrini, arrivata nel Regno Unito da Sant’Anna d’Alfaedo dove vivono i suoi genitori. E si trova in prima linea ad affrontare la nuova situazione dettata dalla variante del coronavirus che tanto sta allarmando non solo l’Inghilterra ma tutto il mondo. «Qui c'era stato un secondo lockdown a livello nazionale dal 5 novembre al 2 dicembre», racconta Marta. «E dal 20 dicembre Londra è in cosiddetto Tier 4: divieto di incontrare persone non conviventi in spazi interni, possibilità di vedere una sola persona di un altro nucleo familiare all'esterno. I negozi di beni non essenziali sono chiusi. Al lavoro continuiamo ad andare avanti e a tener duro. Stanchi dalla prima ondata del Covid, è andata meglio durante l'estate, ma adesso si ricomincia. In maternità ci sono più donne positive al coronavirus in queste ultime due-tre settimane che in totale nella prima ondata».

 

Marta Campostrini: è in Inghilterra da sei anni
Marta Campostrini: è in Inghilterra da sei anni

 

L’ostetrica originaria della Lessinia tiene a sottolineare: «La lotta è con la carenza di personale, che già prima c'era. Ora in più abbiamo alcune colleghe stanno facendo autoisolamento e il congedo di maternità inizia a 28 settimane di gravidanza invece che a 34. Per fortuna i dispositivi di protezione individuale sono disponibili, almeno secondo la mia esperienza: accedervi non è mai stato un problema». Marta afferma che il servizio di tamponi per testare il personale è partito a inizio dicembre: «Ci è stato fornito un kit per un test rapido da fare da soli a casa in 30 minuti, in caso di positività un altro tampone per test molecolare viene fatto per confermare la positività». E sulle colleghe del Queen Elizabeth Hospital ha parole d’elogio. «Le ostetriche direttrici della maternità ci incoraggiano, ci ringraziano per il lavoro svolto, per i turni extra che facciamo, per le pause che saltiamo. Ci invitano sempre a essere caute e prenderci cura di noi stesse, a evitare viaggi o altre situazioni inutili perché è importante mantenere attivo il servizio di assistenza». «A novembre», continua Campostrini, «è stata inviata una lettera al primo ministro Boris Johnson, firmata da sindacati rappresentanti un milione e 300mila lavoratori nel Nhs (National Health Service, il sistema sanitario del Regno Unito, ndr) chiedendo di anticipare gli aumenti di stipendi che sarebbero programmati a aprile 2021: il pericolo è che tanti a causa di stress e paura decidano di lasciare il lavoro, stanchi dalla prima ondata. La richiesta è di un supporto concreto in aggiunta alla lode della nostra dedizione e passione».

 

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«Veniamo chiamati "supereroi" e siamo stati applauditi, nei primi mesi con questi appellativi siamo stati caricati di superpoteri che in realtà non abbiamo e di aspettative che forse non siamo riusciti a soddisfare», aggiunge Marta. «Possiamo essere resilienti fino ad un certo punto. E abbiamo provato rabbia nel vedere parchi e spiagge pieni di gente».

A questo proposito, però, sottolinea una differenza: «Rispetto all'Italia, qua non ho mai sentito di qualcuno che sia stato multato perché non rispettava una regola, le autocertificazioni qui non esistono. Le vaccinazioni sono iniziate e questo ha portato un respiro di sollievo, anche se c'è scetticismo rispetto al vaccino. Al momento, per quanto ne sappia io, vengono vaccinate le persone di età superiore agli 80 anni. E nel mio ospedale non abbiamo ancora avuto informazioni riguardo la disponibilità di vaccini per il personale». La variante inglese del coronavirus è più insidiosa perché si trasmette facilmente anche con una carica virale più bassa. Attenzione, questo non significa che comporti un tasso di letalità più alto, perché non vi è corrispondenza tra carica virale elevata e gravità della malattia. Lo dimostra il fatto che nelle aree del Regno Unito dove vi è stata una maggiore diffusione della nuova variante di Sars-Cov-2 non vi è stato un aumento della percentuale dei decessi sul totale dei casi positivi. Resta però un problema: se il virus si diffonde più velocemente, aumentano i contagiati e dunque anche il numero assoluto di ricoveri e purtroppo di decessi. •

Renzo Cappelletti

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