Non sono una novità purtroppo i crolli che interessano la roccia di tipo dolomitico che caratterizza anche il Gruppo del Carega, come quello che si è verificato lunedì 10 settembre verso le 13, con distacco di diversi metri cubi di roccia dalla parete ovest del Sengio di Mezzodì. Celebre è rimasto il crollo del 2002, nelle Torri del Vajolet, della spalla nord della Torre Piaz, e lo scorso settembre crollò, nel gruppo del Cristallo, l’Ago Löschner o Dito di Popena, una sottile e fotografatissima punta visibile dal lago di Misurina. Sono almeno una dozzina i crolli importanti registrati nell’ultimo decennio sulle Dolomiti ed è una lista destinata ad allungarsi sia per la natura stessa della roccia, come testimonia la presenza dei grandi ghiaioni ai piedi delle pareti più verticali, sia a causa del cambiamento climatico. È normale che acqua, gelo, vento e sole trasformino i profili delle montagne e il panorama non sarà più quello che oggi vediamo, soprattutto sulle Dolomiti la cui forma a denti di sega, pinnacoli, pareti verticali è il risultato dell’erosione nei secoli. Ma il principale imputato di una forte accelerazione dell’erosione com’è stata registrata nell’ultimo decennio è per gli studiosi il cambiamento climatico, che con l’innalzamento della temperatura dell’aria favorisce una veloce disgregazione delle rocce: se si alternano inverni troppo miti ed estati molto calde e siccitose si allargano le fessure e la forza di gravità fa piombare in basso intere porzioni di pareti. Soluzioni, oltre a ridurre l’inquinamento e il riscaldamento globale, non ce ne sono: e chi vuole continuare a frequentare la montagna si deve allenare ad aguzzare gli occhi e affinare l’udito quando si avvicina a pareti particolarmente esposte. •