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Il paese rende onore
ad Armando Corradi,
caduto dimenticato

Il monumento ai caduti a San Francesco di Roverè
Il monumento ai caduti a San Francesco di Roverè
Il monumento ai caduti a San Francesco di Roverè
Il monumento ai caduti a San Francesco di Roverè

«Ucciso per rappresaglia. Corradi Armando», così, con una nuova targa in pietra, il paese di San Francesco rende omaggio a un concittadino il cui nome era stato dimenticato nell’elenco del Caduti incisi sul monumento, ma non per questo il suo sacrificio fu meno eroico e doloroso dei tanti che invece vi trovano posto. Domani, a 73 anni dalla cattura e dalla morte, avvenuta nel 1944 per opera di partigiani italiani e jugoslavi, la targa sarà scoperta alle 11.15, con il racconto della vita di Armando Corradi e la benedizione al monumento, seguita da un rinfresco a cura del comitato organizzatore e del gruppo Alpini.

Armando Corradi era nato nel 1905 da Giovanni Battista e Cristina Tiziani, genitori che perse nel 1919, quando non era ancora quattordicenne, a causa dell’epidemia di febbre spagnola.

Aveva il fratello maggiore Diodato, poi emigrato in Francia, dove ancora vivono i suoi figli e due sorelle minori: Carmela e Onorata, entrambe trasferitesi lontano dal paese, a Milano e in Friuli, ma i cui figli Ilario Gaspari e Roberto Dal Canton sono depositari delle memorie dello zio, grazie ai racconti fatti dalla zia e dalle rispettive mamme. Armando si arruolò nel Corpo reale delle foreste, poi trasformato in Milizia forestale, quale specialità della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale e destinato nel 1934 alla prima Legione di Udine, Distaccamento di Circhina, allora nella Provincia di Gorizia, oggi in territorio sloveno. Lì sposò Attilia Driuzzi ed ebbe tre figli, di cui è tuttora vivente solo Anna, residente a Udine. Nel 1942 Armando venne trasferito a Udine e nel 1944 era in attesa di essere trasferito al Distaccamento di Cividale.

Stava recandosi in bicicletta e in divisa, proprio in quel paese per portare i soldi dell’affitto dell’alloggio che aveva trovato per sistemarvi la famiglia in vista del trasferimento, quando fu catturato in un bar di Cividale, secondo la testimonianza fornita da alcuni, da parte dei partigiani italiani della Brigata Garibaldi, che erano in collegamento con i partigiani titini. I militi della Forestale erano considerati fascisti, sopratutto quelli che avevano prestato servizio nelle zone dell’ Istria e della Slovenia.

Secondo il racconto della moglie Attilia, raccolto dal nipote Roberto Dal Canton, «la sera del giorno dopo, due pseudo partigiani si presentarono alla moglie di Armando chiedendo un riscatto in soldi, ori e altri beni, promettendo che così sarebbe ritornato suo marito e padre dei suoi figli. Inutilmente la povera donna, con tre figli piccoli, restò ad attenderlo. Tornarono invece i due chiedendo ed ottenendo altri beni, ma Armando non si vide più e nulla più si seppe di lui».

Nel dopoguerra i due furono denunciati e processati per crimini di guerra e ammisero che Armando Corradi, subito dopo la cattura, era stato consegnato con altri fascisti ai partigiani titini, che lo avrebbero ucciso e gettato in una foiba della zona di Trieste o nel territorio diventato jugoslavo. Quando dagli anni Cinquanta cominciò la riesumazione dei corpi dei martiri infoibati, la moglie Attilia volle assistere a molti recuperi in diverse zone, ma non ebbe mai un riscontro utile che le permettesse di identificare il marito e il padre dei suoi figli. Di Armando Corradi è stata dichiarata la «morte presunta in episodio bellico» in anni successivi e per questo il suo nome non era nell’elenco dei Caduti sul monumento di San Francesco, dove fra l’altro si era persa memoria di lui, non vivendo più nessun parente in paese.

La targa ripara un torto e dà occasione di riflettere, a decenni di distanza, sulle conseguenze dei totalitarismi e delle guerre. V.Z.

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