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Badia Calavena

Due giovani agricoltori fanno rispuntare in Lessinia un'antica varietà di grano

Caloi e Giovannini con le spighe del raccolto da semi antichi
Caloi e Giovannini con le spighe del raccolto da semi antichi
Grano Matteo Caloi

Dorate dal sole. Ricercate, soprattutto da quando il conflitto in Ucraina ha fermato l’arrivo dei cereali da quello che era considerato il granaio d’Europa. Sono preziose, per più motivi, le spighe che Matteo Caloi e Mattia Giovannini hanno fatto maturare in un terreno a Tregnago, per poi raccoglierle utilizzando una trebbiatrice giapponese. La sfida di riportare in Lessinia la produzione di frumento, in realtà è nata prima. Con uno sguardo che va oltre le attuali difficoltà legate agli approvvigionamenti.

A Sant’Andrea I campi di grano si trovano sui pendii, a Sant’Andrea di Badia Calavena, dove il ventunenne Caloi ha fatto germogliare l’azienda agricola Trètener in cui produce miele e zafferano, ortaggi e uova. Tutti rigorosamente biologici. Predilige i grani antichi, più resilienti nei terreni di montagna e con la siccità. I semi sono in purezza: per esempio il San Pastore, il Grano del miracolo, il Gentil rosso. Dalle prime varietà, il loro «granaio» conta oggi una cinquantina di grani, in prevalenza del nord e centro Italia. Per Caloi è una passione nata dapprima frequentando dei corsi con il padre e in seguito alimentata sui banchi dell’istituto agrario di Buttapietra. Il sogno del grano per Caloi si è concretizzato, raccolto dopo raccolto, quando ha incontrato Giovannini, 34 anni, titolare di un’azienda con viti biologiche ed esperto del biologico. Caloi e Giovannini da sette anni, ricavano semi da piccole parcelle. «Una parte viene destinata alla semina dell’anno successivo», precisa Caloi. Una parte, prosegue, «la doniamo a chi desidera provare a coltivare i grani antichi». I due giovani agricoltori, infatti, mettono a disposizione le loro conoscenze e la mietitrebbia di cui si sono dotati: grazie ai cingoli, può muoversi su campi in pendenza; piccola e maneggevole, si presta per la trebbiatura su aree ridotte. Ma soprattutto si riesce a pulire facilmente: operazione indispensabile quando si tratta di mantenere il prodotto in purezza ed evitare cioè che residui presenti negli ingranaggi contaminino il raccolto. «Altre sementi», aggiunge Giovannini, «sono condivise con progetti ai quali siamo legati: Associazione dei produttori biologici e biodinamici (Aveprobi), Rete semi rurali, Comunità del cibo Terra dei cereali e Consemi che è la Casa dei semi del Veneto».

In espansione Un mondo, insomma, in continua crescita. Dall’appezzamento di Tregnago hanno ricavato 120 chili di grano tra San Pastore, Marzuolo, Gamba di ferro, Inallettabile e Gentil bianco. «Buona parte è stata già accantonata», spiega Caloi, «per essere seminata, assieme ad altre varietà come il Mentana, l’anno prossimo su un campo di un ettaro, a Badia». Non è una questione di mode, interviene Giovannini: «I grani antichi sono adatti alla coltivazione biologica. Hanno spighe alte che coprono bene il suolo e impediscono alle erbe spontanee di crescere, quindi non richiedono l’uso di diserbanti». Altre caratteristiche, chiarisce il ventunenne, «sono apparati radicali più profondi delle varietà moderne, che riescono a catturare tutti gli elementi nutritivi presenti nel terreno». Inoltre, come piante, si adattano alla siccità; sono molto resistenti e vengono usate per rigenerare terreni poveri; garantiscono produzioni più contenute: 30-40 quintali a ettaro rispetto ai 60-80 dei cereali moderni. Le farine però sono più ricche, ben tollerate dall’organismo, regalano soddisfazioni nella panificazione. Accadeva un tempo, quando distese di frumento venivano raccolte a mano da Badia a Campofontana. Con quest’immagine negli occhi, un seme dopo l’altro, i due agricoltori sognano di rivedere i prati della Lessinia dorati dalle spighe.

Marta Bicego

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