Mentre si abbassano molte serrande di panifici, in Lessinia nasce un piccolo forno. Tra gli ingredienti che non possono mancare, oggi, nel portare avanti un'attività come questa, è indispensabile la passione. Da mescolare però a una buona dose di spirito di iniziativa e al coraggio di lasciare strade già percorse da altri per intraprendere sentieri meno battuti.
Partire piano piano
In luoghi affatto scontati, come la piazza di Badia Calavena, dove Marco Scipolo e la compagna di vita Antonella Salatino a gennaio hanno deciso di aprire il loro «Forno del vajo». Al momento dal mercoledì al sabato, la mattina: partenza «in sordina», dicono, in vista dell'inaugurazione, il 14 maggio. È il profumo del pane a indirizzare verso la porta della bottega: un tripudio di colori, forme, fragranze.
Qui la coppia (che è di casa a Mezzane) sforna pagnotte, baguette, ciabattone, focacce, pane in cassetta, fatti con segale o farro monococco, arricchito di semi integrali, impreziosito di olive o miele, verdure, frutta secca o candita. Dipende dalla stagione e dalla fantasia.
Percorsi diversi che si incontrano
Antonella si è occupata per anni di marketing. Oggi è passata al banco, accoglie con il sorriso i clienti, cura le consegne a domicilio, rifornisce le rivendite. Marco, che lavora tuttora come agente di commercio, appare a suo agio tra impastatrice, pasta madre e farina biologica, pur non avendo mai fatto esperienza in un panificio tradizionale.
Prima di affondare le mani negli impasti, ha frequentato un corso di panificazione contemporanea, ha studiato e sperimentato tanto, con l'obiettivo di far lievitare nel modo giusto il suo progetto. Senza fretta perché è un mestiere che richiede tempi lunghi di lievitazione (fino a 40 ore) e procedimenti accurati.
I segreti del panificio
«Così azzeriamo gli sprechi ed è possibile», svela uno dei suoi segreti, «ottenere un prodotto più buono, gustoso, facile da digerire e che mantiene le sue caratteristiche fino a dieci giorni». Se ben conservato nel suo sacchetto e, nel frattempo, non si cede alla tentazione di sbocconcellarne tutto il contenuto.
Amore a prima vista
Con il paese è stato amore a prima vista: «Abbiamo trovato una comunità attiva e accogliente nella quale», precisa Antonella, «potevamo raccontare una storia di aria pura, prodotti del territorio, ingredienti selezionati con cura e rispettando la stagionalità». Una filosofia a cui si sono avvicinati attraverso i Gruppi di acquisto solidale e declinata nell'azienda di famiglia.
Alla base c'è anche ricerca sulla provenienza del grano e delle farine. Consapevolezza che diventa indispensabile per un pane che sembra quello di una volta ma racchiude un messaggio molto attuale di attenzione alla sostenibilità e alla filiera di provenienza, con un approccio critico al consumo che mira alla riduzione degli sprechi.
Dalla pizza al pane
Alla nascita del figlio Martino, che ora ha 2 anni e mezzo, «l'idea era aprire una pizzeria al taglio, attività in cui avrei potuto coinvolgere Antonella», spiega Marco. Di mezzo s'è messo il destino quando il corso sulla pizza che doveva frequentare è stato annullato. Quindi ha optato per uno sulla panificazione.
«Lì ho capito cosa dovevo fare», ricorda il 38enne che si è subito messo sulla strada di creare un futuro diverso per sé e i familiari. Mentre parla, segue meticolosi passaggi. Da farine amalgamate all'acqua, ecco impasti di vario genere: sono accarezzati e riposti in apposite forme, manipolati a caldo per attivare la fermentazione e messi a riposare per ore, in attesa di essere inseriti nel forno fino alla perfetta doratura. Ci vuole pazienza, lascia intendere il mastro panificatore, che produce da solo poco meno di 3 quintali di pane a settimana. Ma quando sul banco le baguette appena sfornate «cantano», e riempiono la stanza di profumo, le tante energie profuse sono ripagate.