<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

«Complimenti Severino» A 95 anni patente in tasca

Severino Panato, 95 anni, soddisfatto di poter guidare ancora la sua Panda
Severino Panato, 95 anni, soddisfatto di poter guidare ancora la sua Panda
Severino Panato, 95 anni, soddisfatto di poter guidare ancora la sua Panda
Severino Panato, 95 anni, soddisfatto di poter guidare ancora la sua Panda

Vedersi rinnovare la patente e poter guidare l’automobile a 95 anni non è né facile né scontato, ma Severino Panato di Vestenavecchia ha superato i controlli medici, dando prova di lucidità, forma fisica e tanta voglia di sentirsi ancora al timone della vita. «Complimenti Severino, può continuare a guidare», gli ha detto il medico dell’autoscuola e per il novantacinquenne è stato il più bel regalo di compleanno: «Non è che vada chissà dove, mi basta poter andare a Vestenanova all’ufficio postale per la pensione, in chiesa per la messa, a far la spesa, avere insomma quell’autonomia che, vivendo in una contrada lontana dal centro, è importante», racconta l’anziano raggiungendo la sua auto in garage. Sull’auto, Panato ci sale agilmente, fa manovre e retromarcia con disinvoltura per posizionarla nel cortile di contrada Dottori, davanti alla sua splendida casa sulle colline sopra la frazione, da cui si gode la vista di Vestenanova e un panorama mozzafiato sulla Val d’Alpone. «L’anno scorso con la mia Panda, insieme a una coppia di amici, siamo andati fino al Rifugio Monte Torla di Campofontana; ora sarebbe impensabile, ma solo per via della pandemia». Glissa Severino Panato, un fedelissimo Fiat, che ricorda: «Avevo quasi cinquant’anni quando ho preso la patente, prima non avevo i soldi per comprarmi una macchina, perciò cosa me ne facevo della patente? Ma appena ho avuto una buona paga mi sono comprato una Cinquecento, poi l’ho cambiata con una 126, più tardi con una 127 e infine con questa Panda, che va dappertutto e nemmeno le nevicate la fermano». Classe 1925, Severino ne ha viste tante nella sua vita, ma la pandemia lo ha particolarmente turbato: «Mai vista una cosa simile: quasi tre mesi confinato in casa». Un evento sconcertante persino per la sua lunga lista di esperienze, spalmate su quasi cento anni di vita, metà dei quali è stata la miseria a farla da padrona. Era quindicenne quando scoppiò la seconda guerra mondiale e già da qualche anno faceva il bracciante a Velo durante la fienagione per poi, finita la guerra, migrare in una miniera di ferro nella Lorena francese: «Un’esperienza terribile, ma lì ho guadagnato i primi soldi e l’attuale pensione». Andò un po’ meglio in una fabbrica, sempre di ferro, ma «non eravamo ben visti noi italiani, è stata dura la vita da emigrante in quella terra di confine e bilingue, dove il tedesco tendeva a prevalere, un po’ come da noi in Alto Adige». Di quell’epoca Severino ricorda tutto: date, nomi, luoghi. E affiora anche un bellissimo ricordo di quando con la bici andò a vedere una tappa del Tour de France 1949 tra l’Alsazia e la Lorena, quando i mitici Coppi e Bartali conquistarono il primo e secondo posto sul podio: «Erano tutti impolverati, irriconoscibili su quelle strade di montagna non asfaltate dove noi neanche a mano avremmo spinto una bicicletta, ma loro si passavano la borraccia. Tornato a casa, ha continuato a lavorare in fabbrica, alla Fir di Roncà che produce lana di roccia. Severino Panato, due figlie, cinque nipoti e due pronipoti, è longevo, ma soprattutto in gran forma. Qual è il segreto? «Non ubriacarsi», dice schietto, «arrabbiarsi qualche volta, poi fare pace; non fumare: io ho smesso a cinquant’anni; non mangiare troppo». Ma la moglie lo interrompe: «Se non ci fossi io a moderarti, altro che mangiare poco!» E dunque nonno Severino, conclude ammettendo che quel che ci vuole è una buona dose di fortuna. E fortuna ha voluto che i 95 anni li ha festeggiati a inizio marzo, giusto in tempo prima del lockdown. «I miei familiari hanno organizzato una grande festa per me e mia moglie Stella che abbiamo compiuto gli anni a febbraio, io il sette e lei il primo. È stata una giornata bellissima e abbiamo anche ballato tanto. Ora non sarebbe più possibile», ammette l’anziano alzando le mani sconsolato, ma pago di quel ricordo così gioioso prima del confinamento; nei suoi occhi vispi e lucidi sembrano roteare i passi della mazurca e del valzer, una passione che ha accompagnato i coniugi prima e dopo gli oltre sessant’anni di matrimonio. •

Mariella Gugole

Suggerimenti