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Colonnette, una razzia che dura da decenni

La colonnetta di contrada Brea
La colonnetta di contrada Brea
La colonnetta di contrada Brea
La colonnetta di contrada Brea

Il furto della colonnetta della Brea, a Selva di Progno, ripropone in maniera urgente il problema della custodia e conservazione di tante opere della cultura e della pietà popolare disseminate sul territorio della Lessinia, spesso in contrade disabitate o lungo tracciati non più frequentati per i lavori quotidiani ma solo saltuariamente da escursionisti. Nel marzo 1958, una mostra allestita al museo di Castelvecchio con un catalogo curato da Lanfranco Franzoni diventato poi un volume più volte ristampato («La scultura popolare dei Lessini») poneva per la prima volta l’attenzione su quest’arte ed ebbe una vasta risonanza anche a livello regionale e nazionale. Nel 2007, il Curatorium Cimbricum Veronense, meritoria associazione nata proprio con l’intento di difendere e preservare la cultura cimbra dell’altopiano veronese, pubblicò un catalogo ragionato sulla scorta della ricerca condotta sul campo dall'architetto Grazia Sparacino con la collaborazione dello studioso di arte Carlo Caporal. Il dato più evidente che emerse dal loro lavoro, nel confronto con quello fatto dal Franzoni cinquant’anni prima, è che delle 110 colonnette censite negli anni Cinquanta ne restavano solo 90: 61 nel Veronese e 29 nel Vicentino. Era andata perduta una decina di manufatti per ciascuna delle due province, che nella loro porzione di territorio più alta conservano ancora un patrimonio unico di pietà popolare scolpita nella pietra. Il catalogo della mostra di Franzoni era diventato un volume fondamentale per gli studiosi. Rino Mecenero estese trent’anni dopo la ricerca nel Vicentino. A Carlo Caporal si deve poi la scoperta di alcune tavolette minori ignorate dallo stesso Franzoni. Il lavoro fu completato dal lavoro di Grazia Sparacino per il Veronese e da Antonio Selmo per il Vicentino, che raccolsero la proposta del Curatorium, tramite l’allora presidente, il compianto Giovanni Molinari, e conclusero il lavoro in accordo con la Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio di Verona e l’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione del ministero per i Beni culturali, nonché i contributi fondamentali dI Fondazione Cariverona e Bim Adige. La catalogazione era stata svolta sia con l'obiettivo di conoscere la consistenza numerica delle opere ancora presenti sul territorio al fine di porvi un vincolo di tutela monumentale, sia per conoscenza, valorizzazione e divulgazione del materiale raccolto. Ogni opera è stata fotografata e schedata: anno di realizzazione, definizione, dimensioni, stato di conservazione e ubicazione, caratteri stilistici, descrizione di scritte o altre particolarità. Anche alla luce di questo lavoro diventa difficilissimo ora commerciare un’opera trafugata: il catalogo depositato al ministero renderebbe illecita ogni transazione, vendita e acquisto, con conseguente sequestro dell’opera perché lo Stato, senza scadenza temporale, può rivendicarne a pieno titolo la proprietà. «La sparizione della colonnetta della Madonna della Brea, un’opera di inestimabile valore dal punto di vista culturale», osserva Vito Massalongo, presidente del Curatorium, «è per noi cimbri un danno equivalente al furto della Pietà di Michelangelo. La catalogazione era stata predisposta propria per evitare che negli anni continuassero furti e danneggiamenti. Incontrerò nei prossimi giorni i proprietari del terreno su cui era collocata la colonnetta per capire che cosa possa essere successo e come garantire maggior tutela nell’eventualità che l’opera venga ritrovata e rimessa sul posto». •

Vittorio Zambaldo

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