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Lupi

Che fine ha fatto Giulietta? Sparita da un anno la «compagna» di Slavc

La parola all’esperto che segue varie aziende zootecniche tra Sant'Anna d’Alfaedo, Erbezzo, Bosco Chiesanuova, Roverè e Velo
Le orme fotografate mercoledì mattina, zona San Giorgio, da Michele Salvadore e Paolo Bottaro
Le orme fotografate mercoledì mattina, zona San Giorgio, da Michele Salvadore e Paolo Bottaro
Le orme fotografate mercoledì mattina, zona San Giorgio, da Michele Salvadore e Paolo Bottaro
Le orme fotografate mercoledì mattina, zona San Giorgio, da Michele Salvadore e Paolo Bottaro

«Che fine ha fatto Giulietta?». Pone la domanda e conosce la possibile risposta Antonio Scungio: veterinario con esperienza sui grandi predatori che dal 2018, anno del suo arrivo in Lessinia dopo aver esercitato tra Appennino e Alpi occidentali, segue varie aziende zootecniche tra Sant'Anna d'Alfaedo, Erbezzo, Bosco Chiesanuova, Roverè e Velo. Di conseguenza, monitora quotidianamente la questione lupi. Tanto che, più volte, si è fatto portavoce delle istanze degli allevatori, stremati dalle predazioni che continuano ad imperversare, pure adesso che gli animali hanno abbandonato l'alpeggio.

 

"Da quasi un anno non l'ho più avvistata"

«Un mattatoio», lo definisce, senza troppi giri di parole. E incalza: «A che punto vogliamo arrivare?». Le questioni che mette sul tavolo sono tante. Ma parte da Giulietta: la femmina «alpha» di lupa italica dal cui incontro con l'esemplare sloveno Slavc, nel 2012, i lupi sono ritornati ad abitare le terre alte veronesi, conquistando poi altri territori. Pianura compresa, con le annesse criticità. «Da quasi un anno non ho più avvistato Giulietta», dice Scungio.

Ha visto Slavc, riconoscibile per il manto chiaro e la stazza imponente. Mai Giulietta: «Nel branco è stata sicuramente sostituita da una femmina più giovane, che quest'anno si è riprodotta. La vita media di un lupo dipende da numerosi fattori», afferma. Se un esemplare trova cibo in abbondanza e non incontra elementi di disturbo, può superare i dieci anni. Questo significa un nuovo corso per il branco storico «Lessinia», presente dal 2013, «da cui se ne sono formati altri, ad esempio quelli di Grappa e Marmolada». Nel Veronese, prosegue Scungio, ci sono quelli di «Lessinia orientale» e «Carega». Tuttavia, al confine col Trentino, in località Scorteghere, «c'è un ulteriore branco che quest'estate e la precedente ha causato svariati eventi predatori nelle vicine malghe, caricate da allevatori scaligeri». 

 

L'appello alla politica

Denuncia il silenzio di istituzioni e politica: «Perché chi di dovere non interviene? Non intendo essere polemico, ma ognuno dovrebbe fare la sua parte», affonda, proponendo di aprire il confronto «ma tra chi ha competenza in materia». Si respira aria pesante. È scesa dall'altopiano dove ad agosto, alla Festa della Podestaria, proprio politici e rappresentanti di enti e associazioni, sono stati contestati dagli allevatori, che hanno deciso di non portare in esposizione i bovini.

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Più pacati i toni alla Festa del bestiame di Erbezzo, celebrata a inizio settembre ma senza animali vivi, sostituiti da sagome per ribadire il pericolo di estinzione e di abbandono della montagna. Alla data del 29 settembre, quando per tradizione nel giorno di San Michele gli allevatori lasciano l'alpeggio, «il 70 per cento aveva già riportato a casa il bestiame. Non era mai accaduto prima», riferisce Scungio, facendo una stima. Una certezza sono invece i dati che ha riunito in un faldone: dalla prima predazione di una capra, a gennaio 2012 in località Branchetto di Bosco Chiesanuova, alle successive. Anno per anno, con geolocalizzazione e tipologia di preda.

 

Il record di quest'anno: 124 predazioni

Eventi riconosciuti ufficialmente, sottolinea il veterinario: «La punta di un iceberg», precisa, «se si considera che molti ormai non dichiarano le predazioni perché non vogliono perdere tempo con la burocrazia dei risarcimenti. Non contiamo i capi non iscritti all'anagrafe...». Con grafici mostra l'impennata: dagli otto eventi predatori del 2012 al picco di 108 del 2021, nel cui conteggio sono finiti i casi registrati in pianura e sul Monte Baldo.

«Record polverizzato quest'anno, poiché al 19 novembre siamo a quota 124 eventi predatori», spiega, con animale target che si conferma il bovino. Questo il dato da contestualizzare, rimarca, «in un territorio dalla forte vocazione alla zootecnia, con pratiche di allevamento difficili da cambiare, in cui dissuasori e recinti non si sono rivelati efficaci». Di mezzo, conclude, c'è il destino della Lessinia: «Diversi allevatori stanno valutando di non portare il bestiame in alpeggio la prossima estate. Così la montagna muore».

Marta Bicego

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