<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
L’INTERVISTA

Leonardo Pastorino esperto di diritto dell’acqua e docente all’Università di Verona: «Serve una politica sull’acqua: riguarda i modelli di sviluppo»

Al diritto corrispondono obblighi, troppo spesso dimenticati
Leonardo Pastorino, Università di Verona
Leonardo Pastorino, Università di Verona
Leonardo Pastorino, Università di Verona
Leonardo Pastorino, Università di Verona

Un diritto, certo. Ma con obblighi di cui troppo spesso ci si dimentica.
L’acqua rimane uno dei beni più preziosi, soprattutto in questo momento storico, ma per evitare una situazione sempre peggiore bisogna agire adesso, con un cambio di paradigma e una visione allargata. Investendo su macchinari, infrastrutture e irrigazione di precisione, provando ad allontanarsi dai quei modelli di produzione che l’hanno fatta da padrone negli ultimi trent’anni.
A dirlo è il professor Leonardo Pastorino, esperto di diritto dell’acqua e docente all’università di Verona nel corso di laurea in Diritto per le tecnologie e l'innovazione sostenibile con un insegnamento anche in diritto agro-alimentare.
 

 

Professor Pastorino, di acqua e di crisi idrica si parla tantissimo, che momento è per l’Italia e per tutto il mondo?
Ho insegnato per trent’anni diritto agrario in Argentina con ricerche soprattutto sul diritto dell’acqua, diritti dell’ambiente e agrario, sembrano ambiti diversi ma alla fine sono uniti e collegati. Il problema è molto complesso, tempo fa l’acqua era poca ma stabile e anche l’utilizzo nel mondo agricolo era regolare, poi sono arrivati grandi cambiamenti nella crescita delle città, della popolazione e delle opere pubbliche che hanno modificato il nostro mondo.
Oggi bisogna cambiare la visione e avere con uno sguardo allargato che metta insieme tutte le discipline, sono dinamiche troppo complicate per essere affrontate senza un approccio globale.

 

Ma è tardi per intervenire o siamo ancora in tempo?
Nel senso del cambiamento climatico sì che è tardi, perchè se ne parla ormai da molti anni, almeno dagli anni ’90: il problema è la gente a volte ha l’idea che manchi ancora tempo e invece quello sta per finire, non tutti sono preparati nemmeno nel mondo scientifico. Bisogna capire, raccogliere dati, essere dentro la situazione per vedere se si riesce a prevederla almeno un po’, le persone vogliono risposte semplici e immediate ma è complicato.
 

 

La siccità non un problema recente, ma negli ultimi anni è diventato ancora più grave...
È una questione che non si risolve pensando solo ad una politica dell’acqua, è un problema che riguarda i modelli di sviluppo, di crescita della popolazione, di una serie di attività che richiedono l’utilizzo di acqua ma che hanno effetti pesanti anche sul clima. Sono dinamiche difficili perchè comportano cambiamenti lunghi e non semplici da accettare a livello operativo. Mi riferisco ai modelli agricoli e della produzione, ora vanno cambiati ma anche professionisti e scienziati sono preparati con logiche di venti o trent’anni fa, sempre basati su modelli di profitto e di produzione.
Anche la società non è disponibile ad accettare delle restrizioni, basti pensare al Covid, una tragedia assoluta ma l’unica domanda che interessava alla gente era quando si sarebbe tornati alla vita di prima, la gente non vuole rinunciare a utilizzo delle risorse, ai viaggi, alla qualità di vita e a tutto il resto.

 

Il Comune di Verona ha emanato ordinanze restrittive anche per i privati, quanto può incidere il comportamento dei singoli cittadini?
Penso che sia importante ma non decisivo, l’incidenza maggiore è nell’utilizzo dell’acqua in agricoltura. A questo proposito va ripensato completamente l’uso agricolo, penso che lì si possa restringere la quantità di acqua utilizzata, con nuove tecniche, infrastrutture e macchinari, con irrigazione di precisione e altre novità, ma c’è anche il capitolo dei costi da affrontare, per questo dico che anche se uno avesse un’idea di risposta i cambiamenti comunque sono complicati e non certo automatici.

 

Come vede il futuro?
Non lo so, non sono uno scienziato ma un giurista. Comunque la mia visione rimane sempre un po’ negativa, se non si ha la capacità di reagire velocemente si va verso un peggioramento continuo.
E poi c’è da ragionare a livello governativo, cercando soprattutto un’autorità più alta: abbiamo il ministero della salute, quello dell’ambiente ma l’acqua richiede un’autorità specifica, più forte, per capire, raccogliere dati e informazioni utili per poter pianificare ed anticipare i problemi. Solo poi si potrà pianificare l’utilizzo di una risorsa così scarsa e preziosa.

 

L’acqua è un diritto di tutti?
Certo, ma non dimentichiamoci dei tanti obblighi, perchè se parliamo sempre di diritti su risorse scarse sarà comunque un po’ difficile poi sostenerli tutti questi diritti: quello relativo all’acqua ma anche all’ambiente, all’alimentazione, allo sviluppo e altri ancora, va bene ma pensiamo a quello che dobbiamo e possiamo fare, serve costruire un rapporto nuovo dell’uomo con la natura, serve un concetto di appartenenza e non solo di diritti da esigere. 

Luca Mazzara
luca.mazzara@larena.it

Suggerimenti