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Seduce e truffa disabile, chiesti 6 anni

Ancora un’altra vicenda di soprusi giudicata in tribunale
Ancora un’altra vicenda di soprusi giudicata in tribunale
Ancora un’altra vicenda di soprusi giudicata in tribunale
Ancora un’altra vicenda di soprusi giudicata in tribunale

Lui ha 34 anni, lei è sulla cinquantina. Lei è disabile con seri problemi di deambulazione, lui è un giovane, gentile all’apparenza che si dimostra subito disponibile alla sua nuova amica. E ammiccante. Lei se ne invaghisce, non nasce una relazione ma alle richieste di soldi del giovane, lei cede. Alla fine, saranno 12.000 euro gli euro consegnati nel giro di due anni. Ma si tratta di soldi, a parere dell’accusa, ottenuti anche con le minacce come quella di picchiarla. Una condotta inquadrata nel nostro codice penale come estorsione. E il pm Maria Diletta, ieri, ha chiuso il cerchio della sua requisitoria, chiedendo per MaicolG., ora sottoposto all’obbligo di firma, la condanna a sei anni e otto mesi. La replica è arrivata subito dal legale del trentaquattrenne, l’avvocato Mirko Zambaldo. «Il mio assistito ha chiesto solo dei prestiti alla signora», ha detto il difensore in aula. E a tal proposito, ha presentato le dichiarazioni scritte dell’imputato, consegnate alla donna che attestavano i suoi debiti. Di più: il difensore ieri ha presentato i tabulati telefonici dei giorni precedenti all’arresto, avvenuto il 2 marzo 2018. In quelle schede, emerge che la donna avrebbe telefonato per una sessantina di volte al suo assistito. Ora bisognerà attendere l’undici febbraio: in quella data, sarà letta la sentenza dal giudice Carola Musio. Tutto inizia nel 2016. Maicol G. conosce il padre della cinquantenne. Raccoglie ferro casa per casa. Passa spesso da quella abitazione e così conosce anche la figlia, Maria (nome di fantasia). La cinquantenne è intrappolata nella sua disabilità. Ha un’inabilità al lavoro al cento per cento e cammina a fatica. Lui si dimostra subito gentile. I due approfondiscono la conoscenza fino a quando il giovane inizia a chiedere dei soldi. L’accusa non ha dubbi: l’imputato approfitta di una persona, riporta il capo d’imputazione, ostacolandone la sua difesa privata «essendo evidente la particolare vulnerabilità emotiva e psicologica della persona offesa», che, peraltro, non si è nemmeno costituita parte civile nel processo in corso a carico dell’imputato. Di più: nella sua deposizione, resa durante il processo, la donna avrebbe minimizzato le minacce di Maicol G., sostenendo che i carabinieri non avevano capito bene la sua versione al momento della denuncia. Eppure il capo d’imputazione riferisce di minacce da fuoco rivolte alla donna dall’imputato se non gli avesse dato i soldi. Quali? «Le avrebbe fatto male fisicamente», riporta il capo d’accusa, «l’avrebbe bruciata insieme alla sua casa», «l’avrebbe investita con l’automobile» e per finire le riferiva che «lui conosceva molti zingari e non solo» tanto per far capire di che cosa sarebbe stato capace. E con questa serie di intimidazioni, il trentaquattrenne avrebbe ottenuto 12.000 euro nel giro di due anni con cadenza mensile dalla sua amica disabile. Fino a quando la donna, nel marzo di due anni fa, esasperata da queste continue minacce e richieste, ha deciso di rivolgersi dai carabinieri. In quell’occasione, Maicol aveva chiesto altri 900 euro. E i carabinieri hanno preparato la trappola. Il 2 marzo 2018, la vittima ha fatto finta di acconsentire alla consegna dei soldi e si è fatta accompagnare dallo stesso giovane al bancomat della Posta di Negrar, ha prelevato i soldi e glieli ha consegnati. Poi sono tornati a casa della donna. E lì c’erano i carabinieri che hanno arrestato Maicol con i soldi appena sottratti alla vittima con l’accusa di estorsione aggravata dall’aver approfittato delle condizioni di vulnerabilità della parte offesa. Il giovane è stato scarcerato dopo alcune settimane e ora è sottoposto all’obbligo di firma nella caserma dei carabinieri. Tra poco meno di un mese, conoscerà la sua sorte giudiziaria. •

Giampaolo Chavan

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