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Il bimbo tolto alla propria famiglia

Marco, i fratelli e tutto il paese lo aspettano. «Ci manca quel bimbo speciale»

Il bimbo tolto alla propria famiglia

Nel paese dell’Est Veronese si aspetta. Si aspetta con ansia l’esito dell’udienza di domani, davanti alla Corte d’Appello del tribunale dei Minori di Venezia. Si aspetta di capire se Marco tornerà a casa, dai suoi genitori affidatari e dai suoi tre fratelli che non smettono di chiedere «Quando arriva? Quando ce lo ridanno? Perchè non può stare qua?». Si aspetta di capire se i giudici accetteranno la richiesta dei nonni materni che chiedono l’annullamento della sentenza di adottabilità del nipote, quella che l’ha fatto finire nell’istituto in cui si trova dallo scorso 13 dicembre.

Ci è entrato con tre valigie contenenti le sue poche cose, i giochi, i peluche e le foto della sua «famiglia», quella fatta dalla sola mamma e dal solo papà che abbia mai conosciuto, quella in cui è arrivato quando aveva solo 8 mesi e che l’ha cresciuto, quella in cui ha imparato a parlare, a camminare, ad andare sul triciclo, che l’ha portato in vacanza e fare il corso di nuoto, quella in cui lui era il quarto figlio «mandato dal destino», «il più vivace, il più solare, il più allegro».

 

L’ATTESA. Si aspetta, in questo paese della provincia, con l’ansia e con la speranza che chi è chiamato a giudicare il suo futuro capisca che Marco un posto dove stare «per sempre» ce l’ha già. Perchè i genitori affidatari, nel momento in cui è arrivato l’ordine dei giudici di primo grado di portarlo in istituto in attesa di trovare la nuova famiglia che lo adotterà, non hanno avuto dubbi: hanno subito scritto al tribunale dichiarando di volere diventare loro a tutti gli effetti i genitori di Marco, «chè è già figlio nostro», e quindi hanno chiesto ufficialmente di essere inseriti nella lista delle coppie idonee all’adozione. Per legge, dovrebbero avere la priorità sugli altri, essendo stati «affidatari» per così tanto tempo. Aspettano, sperando insieme alle loro tre creature di 14, 12 e 8 anni che l’allontanamento di Marco sia solo una brutta parentesi: in casa tutto parla di lui, dalle fotografie appiccicate sul frigorifero in cucina alla «sua» cameretta che nessuno osa profanare. Solo lui ne aveva una tutta per sè, gli altri tre si sono sempre sacrificati a dormire insieme pur di lasciare più comodo il piccolino.

 

IN PAESE. Aspettano all’asilo dove ogni giorno la preghiera del mattino è per il «compagno che manca tanto». Si aspetta in parrocchia, dove il don che conosce questa famiglia da sempre impegnata a fare del bene, ha organizzato una veglia, dopo Natale, per pregare per Marco, per stringerlo idealmente nell’abbraccio della comunità che da subito s’è messa in moto per riportarlo a casa: striscioni alle finestre, cartelloni, volantini. Si aspetta al parco giochi, si aspetta al supermercato, si aspetta alle elementari dove la sorella più piccola, quella che sta soffrendo più di tutti, non fa altro che parlare del fratello che «mi manca da morire», di notte non dorme e piange. Le hanno preso un gatto, mamma e papà, nella speranza di addolcire il dolore. Si aspetta in piazza dove la gente si crogiola tra i «se» e i «ma» di una storia che sarebbe dovuta andare in maniera diversa: «Come si può lasciarlo in quell’istituto?», dicono, «ha tre anni, si rendono conto del danno che gli fanno e di quanto illogico sia tutto questo dal momento che qui una casa ce l’aveva, ci stava bene, era la sua da sempre, quelli erano i suoi genitori e i suoi fratelli, questa scelta poteva essere evitata». E ancora: «Che senso ha avuto portarlo in comunità a Natale, toglierlo ai suoi affetti per farlo abituare alla rottura in attesa di essere inserito in una famiglia nuova? Perchè bisogna a tutti i costi trovarne un’altra se questi due cristiani hanno chiesto di poterlo tenere definitivamente?».

Poi, la preghiera: «A Venezia capiranno che non ha senso, che la soluzione c’è già... se non può stare con i nonni, è giusto che continui la sua vita interrotta il giorno di Santa Lucia quando, invece che giocare felice con i suoi fratelli, è iniziato questo inferno». In paese il piccolo dai riccioli ribelli e dagli occhi che ridono sempre manca a tutti. «E’ simpaticissimo, un bambino da riempire di baci, di quelli che non puoi non adorare: ci ha conquistato tutti e tutti stiamo aspettando di poterlo riabbracciare».

 

LA STORIA. Marco è stato tolto alla giovane mamma naturale perchè incapace di occuparsi di lui; è stato vietato ai nonni materni di vederlo e accudirlo (perchè «inadeguati» in quanto a loro tempo non erano stati capaci di avere polso fermo con la figlia finita nella droga) anche se in un primo momento i Servizi Sociali del Comune di Verona avevano raccomandato e sollecitato la «continuità degli affetti» organizzando visite ed incontri settimanali; ed è diventato, a fine estate, adottabile con l’uscita immediata dalla casa veronese e il collocamento in istituto in attesa di essere consegnato ad una nuova coppia, seppur con «il rischio giuridico» rappresentato dai nonni che potrebbero vincere la loro battaglia legale.

Domani a Venezia c’è l’udienza del loro ricorso, non si arrendono all’idea di perdere Marco. Hanno organizzato un presidio, a fine 2018, in piazza Bra davanti al Comune. Anche il sindaco s’è occupato di Marco, scrivendo al Tribunale dei Minori, per ottenere una sospensione della sentenza di primo grado, l’uscita urgente dall’istituto e il ritorno del bimbo nella famiglia affidataria. Anche il ministro Lorenzo Fontana ha lavorato a Roma per il bimbo veronese. Il provvedimento d’urgenza per tirarlo fuori dall’istituto a inizio mese è stato rigettato, Marco è sempre là dal 13 dicembre. Lo aspettano tutti a casa.

«Perchè è diventato figlio di tutti qui in paese», si è commossa ieri una signora fuori da scuola, «continuiamo a pensarlo, veniva sempre a prendere sua sorella alle elementari, è un bimbo affettuoso, speciale, come tutti quelli che passano per la sofferenza ha una marcia in più. Guai guastarlo, guai fargli odiare la vita, forse siamo ancora in tempo per impedirlo».

Camilla Ferro

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