<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
OMICIDIO A BUSSOLENGO

Lo tramortisce con il martello e poi lo accoltella: «Ho ucciso mio marito, mi picchiava e tradiva»

Erano sposati da soli quattro mesi
Carabinieri sul luogo della tragedia FOTOSERVIZIO  LUIGI  PECORA
Carabinieri sul luogo della tragedia FOTOSERVIZIO LUIGI PECORA
Carabinieri sul luogo della tragedia FOTOSERVIZIO  LUIGI  PECORA
Carabinieri sul luogo della tragedia FOTOSERVIZIO LUIGI PECORA

Accade alle 13,10. Una donna si presenta al comando della Polizia locale di Bussolengo. Il suo nome è Edlaine Ferreira, ha 36 anni, è sconvolta, piange. «Ho ucciso mio marito», sostiene. Il comandante Mauro Antoniazzi cerca di farla calmare, di capire qualcosa in più. Fa un caldo infernale e non si sa mai che effetto possa fare. Viene fatta sedere, identificata, la lasciano parlare. Lei insiste, ribadisce il racconto.

Pochi minuti dopo, in via San Valentino 37 A, a due passi dalla chiesa omonima, apre la porta di casa e gli agenti scoprono il cadavere di Francesco Vetrioli, 37 anni, autotrasportatore per professione, originario di Sona e residente in paese. Ucciso intorno alle 3 della notte, secondo i primi rilievi.

Leggi anche
Uccide il marito a coltellate e martellate: «Mi tradiva e mi picchiava»

Stordito con un martello e poi colpito con diverse coltellate, all’addome e al torace, di cui una, fatale, al cuore. La donna non aveva mentito e la temperatura non c’entra. Arrivano i Carabinieri del Comando stazione, e di Verona, la sezione investigativa ed il sostituto procuratore della Repubblica Carlo Boranga. Comincia un’indagine per omicidio, alla ricerca di una spiegazione.

Movente. Resta il dubbio sul «perché» di una morte. Uno dopo l’altro vanno via in assoluto silenzio il comandante della dell’Arma di Bussolengo, il maresciallo Pasquale Carusone e il magistrato. L’interrogatorio della donna, proseguito fino a tarda sera, potrebbe però avere definito, almeno in parte, i contorni della vicenda.

«Mi picchiava e tradiva», avrebbe confessato Edlaine agli inquirenti. Vicende private, neppure sospettabili, di una coppia che, nella vita della comunità, risultava sostanzialmente invisibile. «Non so se fossero sposati o meno ma vivevano insieme, con due cagnolini di razza Pinscher», conferma un vicina, decisa a non svelare l’identità. Ricorda un solo particolare: «Questa notte (ieri, ndr) ho solamente sentito dell’acqua scorrere. Ma nulla vieta che ci si dia una sciacquata, anche a quelle ore. Per il resto mai nessun segnale, non erano certo persone che si facessero notare».

Il silenzio. L’ingresso di via San Valentino 37 A, nel cuore di Bussolengo non è certo una strada di grande passaggio ed è protetto da un cancello. Il quadro dei campanelli riporta i nomi di otto famiglie, quanti sono gli appartamenti che si affacciano su una piccola corte interna che ospita anche dei garage. Nessuno si affaccia, mentre continua il viavai di Carabinieri e Polizia Locale. «Mai emersi segnali di problemi, neppure da parte dei vicini», conferma Giovanni Amantia, il vicesindaco. E ripercorre l’insolita dinamica: «Lei si presenta al Comando, fornisce sconvolta il suo racconto. Purtroppo, alla verifica, tutto quanto sosteneva si è rivelato vero».

Sposi novelli. Edlaine e Francesco erano sposati da poco, neppure quattro mesi. Le nozze in Comune erano stata celebrate il 2 aprile dal sindaco, Roberto Brizzi. «Non me li ricordo, di certo non abbiamo neppure scattato la foto di rito insieme. Dev’essere stata una di quelle cerimonie del martedì mattina, senza particolari sfarzi», conferma. Un quadro che conferma i racconti dei vicini. «Il nome non mi “suona“, non riesco ad associarlo a nessuno che io possa conoscere, magari chiederò a mia moglie», riflette Ermanno Milano, titolare del vicino bar «Angolo di San Valentino». E va via in silenzio.

«Non li ricordo, del resto io vivo qui solamente dall’inizio di giugno. Ho un locale nel centro di Verona, esco alle 9 e rientro normalmente verso le 2 della notte», conferma Fausto B., cinquantenne. Ogni testimonianza depone a favore di un luogo, nel cuore del paese, in cui nessuno conosce l’altro. O dove, comunque si riesce, volendo, a rimanere «invisibili».

Il deserto. Escono anche gli operatori della «scientifica». La stradina è deserta, l’unica anomalia visibile sono le auto di servizio di Carabinieri e Polizia Locale. In una visione surreale sfila un’intera famiglia di stranieri, evidentemente nordeuropei di stanza sul Garda: chi altro, del resto, andrebbe a spasso per diletto con il termometro a 36 gradi? Uno dei bimbi, paffuto e con un cappellino blu, lancia uno sguardo distratto ai due militari, una donna e un uomo, di presidio all’ingresso. Probabilmente si emozionerebbe se sapesse si stare sfiorando la scena di «un vero omicidio». Dal cortile, per ultimo, esce un agente, con un «traportino» per animali: all’interno ci sono i due cagnolini Pinscher. Stanno in silenzio pure loro, qualcuno dovrà prendersene cura.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Paolo Mozzo

Suggerimenti