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Aviaria, picco superato ma l’attenzione è alta

Gabbiani  La fase peggiore dell’epidemia di aviaria è superata, molto limitato per ora il passaggio di positività ad altra specieUn gabbiano   morto sul lago: il fenomeno è in diminuzione
Gabbiani La fase peggiore dell’epidemia di aviaria è superata, molto limitato per ora il passaggio di positività ad altra specieUn gabbiano morto sul lago: il fenomeno è in diminuzione
Gabbiani  La fase peggiore dell’epidemia di aviaria è superata, molto limitato per ora il passaggio di positività ad altra specieUn gabbiano   morto sul lago: il fenomeno è in diminuzione
Gabbiani La fase peggiore dell’epidemia di aviaria è superata, molto limitato per ora il passaggio di positività ad altra specieUn gabbiano morto sul lago: il fenomeno è in diminuzione

Dopo aver causato stragi di gabbiani, il virus dell’aviaria rallenta. Rispetto alla mortalità registrata sul lago di Garda e nell’area del Mincio, poi lungo l’Adige, l’emergenza pare essere in parte rientrata. Ma il capitolo non è ancora chiuso. «Quando un virus è presente, prima che sparisca, serve un certo tempo», avverte Fabrizio Cestaro, direttore del servizio veterinario dell’Ulss 9 Scaligera. Ristabilisce l’ordine delle priorità (continuare i controlli) e dei termini da utilizzare (più che di allarme preferisce parlare di stato di «attenzione»). Attenzione che, per il veterinario, resta alta. Vale per l’influenza aviaria ad alta patogenicità, ma la questione si allarga ad altre epidemie che potrebbero affacciarsi. Sono causate dalle migrazioni dei volatili; dagli spostamenti dell’uomo e qui cita, caso emblematico, la peste suina africana arrivata in Piemonte 14 mesi fa; ricorda il virus West Nile, riscontrato in molte specie di uccelli, che si trasmette dalle punture di zanzara. Per quanto riguarda l’aviaria, un metro di misura è dato dal calo dei ritrovamenti di carcasse di esemplari nei quali sia stata accertata l’infezione. «La diminuzione c’è stata», osserva il veterinario, riferendosi in particolare alle sponde del lago veronese. Idem nel Bresciano dove nei luoghi più colpiti, tra Desenzano e San Felice, Padenghe e Manerba, i casi segnalati da una settimana si sono ridotti. «Significa che, almeno nei gabbiani, la quantità di virus è diminuita e», sottolinea Cestaro, «è stato superato il picco epidemico». Aspetti positivi che si sommano al fatto che, al momento, il passaggio di positività ad altre specie è limitato. Tacchini esclusi dopo che l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie (Iszve), centro di riferimento nazionale ed europeo per la malattia, ha confermato un focolaio in un allevamento di Sorgà. Costituisce un caso a sé pure per Calogero Terregino, responsabile del Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria dell’Iszve. «Il virus nell’ambiente c’è e questo è un dato innegabile», ribadisce il referente dell’Ulss, precisando che il monitoraggio va avanti. I tecnici continueranno a effettuare tamponi su esemplari vivi (oltre ai volatili, mammiferi che nutrendosi di carcasse rischiano di contagiarsi) e prelievi di feci, così da mappare eventuali zone a rischio. Grazie anche alla collaborazione dei cittadini, ai quali ricorda, se trovano esemplari morti, di usare guanti, mascherina e sacchetti per la raccolta, contattando i servizi veterinari o la polizia provinciale per lo smaltimento. Sul monitoraggio insiste una circolare del ministero della Salute: categorie che potrebbero essere più esposte, allevatori e macellatori; focolai presenti in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Friuli. E oltre, poiché l’influenza aviaria è ormai una problematica globale.•.

Marta Bicego

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