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Aiuti al commercio, chi offre di più

La vetrina di un negozio di abbigliamento: tempo di saldi
La vetrina di un negozio di abbigliamento: tempo di saldi
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La vetrina di un negozio di abbigliamento: tempo di saldi

È stato uno dei settori più colpiti dall’emergenza Covid: le chiusure imposte dal Governo negli ultimi mesi, con l’obiettivo di rallentare la cavalcata del virus, sono state una batosta per il commercio, già messo in crisi negli ultimi anni dallo sviluppo delle grandi piattaforme sul web. E le prospettive per i prossimi mesi non sono buone: stando a un recente studio della Camera di Commercio di Verona, nel 2021 gli organici delle attività commerciali potrebbero ridursi del 16 per cento, complice anche lo sblocco dei licenziamenti a ottobre, mentre in tutta la provincia oltre 3 mila imprese del terziario potrebbero abbassare definitivamente le serrande. Se è vero che la capacità o meno di fatturare attraverso un esercizio commerciale dipende molto dalle caratteristiche dell’imprenditore che lo avvia, è altrettanto vero che la politica pubblica ha la possibilità di mettere a disposizione una serie di misure allo scopo di sostenere un settore oggi in difficoltà. Il riferimento non è solo ai cosiddetti “ristori”, che in molti casi nell’ultimo anno e mezzo sono stati vitali per il sostentamento di intere famiglie, ma anche di politiche territoriali, che possono indirizzare in modo più o meno incisivo il commercio locale, a vantaggio degli esercenti e dell’intero tessuto economico. Per questo viene data la possibilità anche alle amministrazioni locali di destinare somme in bilancio con lo scopo di sostenere il commercio locale, e di conseguenza le filiere produttive che ne fanno parte. Nella parte delle uscite all’interno dei bilanci dei Comuni una voce è dedicata al “Commercio, reti distributive e tutela dei consumatori”: nel capitolo di spesa sono comprese le attività per il settore della distribuzione, conservazione e magazzinaggio, oltre che per la programmazione di interventi e progetti di sostegno e sviluppo del commercio locale, quindi negozi ma anche mercati rionali e fiere cittadine. Ovviamente, nella provincia scaligera, è il Comune di Verona ad avere il primato della spesa per il sostegno del commercio locale: un milione e 218 mila euro. Anche se l’associazione Openpolis che ha stilato la classifica non è riuscita a consultare i bilanci di diverse amministrazioni veronesi, si può vedere che dati elevati si riscontrano anche a Villafranca dove l’amministrazione ha messo a disposizione del commercio locale 347mila euro, 151mila euro a Lazise, 134mila euro da parte del Comune di Legnago, 94mila da quello di Negrar e 93mila da Cerea, 90mila nel bilancio del Comune di Bovolone. Ma a rendere meglio l’idea dell’impegno delle amministrazioni a supporto degli esercenti locali, sono i dati relativi alla spesa pro capite: ecco allora che la classifica cambia e al primo posto c’è San Zeno di Montagna dove il Comune ha investito 44,67 euro pro capite, Lazise 21,57 euro, Villafranca 10,38 euro. A seguire ci sono Malcesine con 7,33 euro ad abitante, Bovolone con 5,58, Negrar con 5,56. Chiudono invece la graduatoria i Comuni che hanno destinato meno risorse al commercio: Lavagno, dove l’amministrazione ha messo in bilancio 0,03 cent pro capite, Bosco Chiesanuova 0,05 cent e Castel d’Azzano 0,06 cent. Se si amplia lo sguardo agli oltre 7mila Comuni italiani analizzati da Openpolis, a spendere più risorse in termini pro capite, sono i piccoli borghi: Exilles, comune di 260 anime in provincia di Torino, è quello dove si spende di più per il sostegno al commercio, con ben 689,59 euro pro capite. Segue Barbara, Comune di poco più di mille abitanti in provincia di Ancona, con 489,28 euro pro capite. •.

Francesca Lorandi

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