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La storia

Si trasferisce con un milione di api a Capraia: «Lì c'è il paradiso del miele»

Riccardo Mozzo a Capraia mentre scarica le arnie
Riccardo Mozzo a Capraia mentre scarica le arnie
Riccardo Mozzo a Capraia mentre scarica le arnie
Riccardo Mozzo a Capraia mentre scarica le arnie

Riccardo Mozzo, 29 anni compiuti ieri, con salde radici lupatotine è partito una mattina di metà ottobre in auto con al traino un rimorchio a cui interno c'erano trenta famiglie di api, pari più o meno a un milione di insetti. Obiettivo: raggiungere Livorno e di lì, in traghetto, l'isola di Capraia. Perché Capraia, isola sperduta nel Mar Tirreno a 64 chilometri da Livorno e 31 dalla Corsica, con meno di 400 residenti? «Perché qui si ottiene, grazie al lavoro delle api e ad un ambiente assolutamente incontaminato, uno dei mieli migliori al mondo», risponde Riccardo, che ha scelto Capraia per la sua avventura di apicoltore tre anni fa.

«Da subito sono rimasto affascinato da questa realtà fuori dal tempo, immersa in un paradiso naturale. L'isola emerge dal mare cristallino, con scogliere di svariati colori, e il paese è arroccato al di sopra della piccola baia del porto». «Le vallate sulle pendici dell'isola sono ricoperte dalla tipica macchia mediterranea», continua Riccardo. «La flora che ricopre l'intera isola è ricca di varietà mellifere molto importanti come rosmarino, corbezzolo, elicriso, asfodelo, cisto e camedrio. La totale assenza di inquinamento, agricoltura intensiva e la bassa antropizzazione sul territorio fanno di Capraia il paradiso perfetto per le api. Queste condizioni consentono di produrre miele di altissima qualità seguendo la tendenza dei mieli di terroir, caratterizzati non più da una fioritura prevalente ma dall'intero spettro floreale del territorio in cui vengono prodotti» (con questo miele lo scorso anno l'apicoltore di San Giovanni Lupatoto ha vinto al concorso di Bardolino il premio come miglior Millefiori). «Nell’isola, che fa parte del parco dell’Arcipelago Toscano, le giornate ed i ritmi di vita sono completamente diversi da quelli a cui ero abituato a Verona. Le condizioni meteorologiche in inverno talvolta non ti consentono neppure di raggiungere la terra ferma: il traghetto, che arriva una volta al giorno da Livorno dopo quasi 3 ore di navigazione, non salpa se il mare è troppo agitato. Durante l'estate invece le temperature sono così roventi che sono costretto a lavorare con le api alle prime luci del mattino o nel tardo pomeriggio». A gennaio Riccardo aveva progettato di portare sull'isola il suo apiario per cominciare un'attività di apicoltura in proprio ma poi è arrivato il Covid, facendogli perdere i preziosi mesi primaverili. «Frustrato dalla situazione ho procrastinato la transumanza a metà ottobre, periodo in cui le temperature sono più fresche e mi hanno consentito di caricare gli alveari nel garage del traghetto senza stress», racconta Mozzo. «La transumanza deve essere effettuata di notte poiché le api sono tutte all'interno dell'arnia e l'apicoltore può spostarle senza lasciarne indietro nessuna».

IL LAVORO è cominciato all' una del mattino del 12 ottobre e Riccardo è stato aiutato da Davide Zuanazzi, amico apicoltore e fotografo, che durante lo spostamento ha realizzato un reportage fotografico («Davide ha deciso di includere la mia realtà nel suo progetto fotografico “Apicoltori Custodi”; raccolta di foto e di storie di apicoltura intesa non solo come professione, ma soprattutto come lavoro di tutela per la salvaguardia della biodiversità», dice Riccardo). Caricate tutte le arnie sul rimorchio del fuoristrada, sono giunti a Livorno al mattino («Il viaggio è stato lungo e snervante: per non stressare troppo le api, ho mantenuto una velocità assai moderata») e da lì si sono imbarcati per Capraia, dove hanno posizionato le arnie nel nuovo apiario, ospitato dall'azienda agricola La Mursa di Francesco e Gianna che conducono un giovane vigneto biologico. L'apiario si raggiunge solamente percorrendo una strada stretta e tortuosa che sale dal porto fino quasi alla cima del monte castello a circa 350 metri. «Una volta liberate, le api hanno impiegato qualche giorno ad ambientarsi e orientarsi tra le vallate dell' isola che in autunno abbondano di fioriture», riferisce Mozzo.

«Gli isolani che mi vedono sempre intento al lavoro con le api mi hanno affettuosamente soprannominato “l'apaio” e così io ho battezzato l'azienda agricola che sto avviando», aggiunge. Riccardo ha iniziato a interessarsi di apicoltura a 18 anni seguendo le orme del padre Marco. Le sue prime arnie sono del 2010. «Gli studi di agraria mi sono serviti molto poiché, per fare l'apicoltore, è indispensabile conoscere ed osservare come il territorio e la flora locale cambiano col susseguirsi delle stagioni», conclude il giovane apicoltore che a Capraia ha trovato anche l'amore che accudisce come il suo milione di api. •

Renzo Gastaldo

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