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Il caso

Aveva rotto a sassate le uova di mamma cigno, dovrà pagare mille euro

Mamma cigna con le sue uova prima della distruzione
Mamma cigna con le sue uova prima della distruzione
Mamma cigna con le sue uova prima della distruzione
Mamma cigna con le sue uova prima della distruzione

Mille euro di «ammenda» per l'uomo individuato e ritenuto responsabile di avere distrutto varie uova di una coppia di cigni nella primavera scorsa, sul lungolago di Brenzone. Si è conclusa così, con un decreto penale di condanna notificato nei giorni scorsi, la triste vicenda esplosa nel maggio scorso nel secondo comune dell'alto Garda.

Il 21 maggio, sul litorale a nord del capoluogo di Magugnano, «diverse uova di cigno sono state rotte e sono sparite. O meglio: non si sa cosa sia esattamente successo. Fatto sta che le uova non sono dove dovrebbero essere e che, a Brenzone, ci saranno diversi cigni di meno». A dirlo e a scriverlo erano stati alcuni cittadini dell'alto lago, tra i quali un consigliere comunale. Quest'ultimo aveva postato sulla sua pagina facebook la foto di «mamma cigna» che covava e, nelle ore successive, un’altra cittadina aveva postato foto di uova rotte e dell'esiguo numero di quelle rimaste e poi, a una una, distrutte da mano ignota. Risultato: si era scatenata una bagarre mediatica a livello nazionale. All'epoca, il sindaco di Brenzone, Davide Benedetti, era molto arrabbiato e indignato sia per l'accaduto, che per la polemica seguita.

 

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La notizia, oltre che su l'Arena, era stata ripresa pure da quotidiani e testate nazionali, quali Il Messaggero e Fanpage. «Se il responsabile di questa azione sarà individuato, il Comune di Brenzone è pronto a costituirsi parte civile, visto il gravissimo danno di immagine che abbiamo subito a causa di chi è sospettato di avere rotto a sassate le sei uova di cigno», aveva detto il primo cittadino. Il gesto, che i magistrati scaligeri hanno etichettato come «uccellagione», aveva fatto muovere anche l'Enpa, Ente nazionale protezioni animali. «L’Enpa», aveva annunciato la presidente nazionale Carla Rocchi, «ha presentato denuncia e chiede che vengano al più presto visionate le telecamere presenti in zona. Abbiamo scritto al sindaco di Brenzone perché intervenga per proteggere persone e animali da soggetti capaci di gesti crudeli e per invitarlo a costituirsi parte civile in un eventuale processo». «Si tratta», aveva proseguito la Rocchi, «di un gesto efferato, contrario al senso stesso della vita. Confidiamo nel lavoro delle forze dell’ordine e chiediamo vengano visionati tutti i filmati delle telecamere presenti nei dintorni. Individuare e punire l’autore di un gesto così meschino è nell’interesse di tutta la comunità. Il sindaco faccia quanto in suo potere per risolvere la situazione, mettere in sicurezza gli animali e sia pronto a scendere in campo contro la violenza». Il decreto penale di condanna è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari di Verona Marzio Bruno Guidorizzi, in accoglimento della richiesta del pubblico ministero Elisabetta Labate.

La condanna è arrivata «per il reato di cui agli articoli 3 e 30 comma 1 lettera e della legge 157/1992», ovvero la legge che vieta la così detta «uccellagione», e la punisce con «l'arresto fino ad un anno, o l'ammenda da 1 milione e mezzo a 4 milioni di lire». L'ondata di indignazione e di polemiche conseguenti al «gesto vile», forse ora potranno placarsi, visto che una persona è stata individuata come responsabile. Certo è che, per evitare in futuro azioni simili, le uova dei cigni, nella prossima primavera, saranno probabilmente guardate a vista e protette con transenne, come era accaduto a Castelletto qualche settimana dopo «l'impresa» di Magugnano. •

Gerardo Musuraca

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