<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

«Tremava tutto e la terra si è spaccata sotto i miei piedi»

Monica Loro
Monica Loro
Monica Loro
Monica Loro

«Sei lì, in casa tua, al “sicuro” e tutto comincia a muoversi. Non riesci a stare in piedi, le gambe ti tremano, ti aggrappi a quello che puoi e speri solo che finisca in fretta». Quando Monica Loro racconta quanto accaduto martedì scorso in Messico, lo fa con la voce bassa: «Sono ancora sconvolta». Originaria di Caprino, ha 49 anni e da gennaio si trova a Zipolite nello Stato di Oaxaca, colpito martedì alle 10.29 (17.29 italiane) da un violento terremoto di magnitudo 7.7 che ha causato la morte di almeno sei persone. Quando la scossa ha spaccato la terra sotto i suoi piedi, Monica stava nella sua cabaña (capanna) sul Pacifico. «Ho provato un infinito senso di impotenza», continua. «Quando mi sono alzata di scatto dalla sedia ero come paralizzata, così ho iniziato a gridare aiuto». Mentre ricorda quegli interminabili secondi, il suo racconto viene interrotto dall’arrivo di uno scossone. Con una mano afferra la sedia sulla quale siede e con l’altra una trave sopra la sua testa. «Ne avrò contate trecento come questa», afferma riferendosi all’ennesima scossa di assestamento. Poi riprende il racconto: «A sentire le mie urla è stato Miguel, il mio vicino: mi ha raggiunta e aiutata a uscire. Siamo rimasti in giardino e abbiamo aspettato con altre due villeggianti». Ma la preoccupazione della gente non era tanto quella di rimanere intrappolata nelle abitazioni fatte prevalentemente di bambù e palme, quanto il possibile tsunami. Monica ha osservato immobile il Pacifico e solo quando ha visto l’acqua allontanarsi ha deciso di dirigersi in paese. «Più andavo verso il centro e più mi accorgevo di quello che aveva provocato il sisma: danni a strade, edifici, frane, i supermercati erano diventati un cumulo di prodotti alimentari e vetri», continua. «La polizia intanto avvertiva di non raggiungere la spiaggia, dove l’acqua nel frattempo si era allontanata di 15 metri, ma di proseguire verso la collina, dove saremmo stati più al sicuro». In serata il Pacific Tsunami Warning Center ha ritirato il rischio maremoto, permettendo agli abitanti di tornare nelle abitazioni. Monica però non se la sente ancora di rientrare nella sua capanna e di vedere oscillare le travi sulla sua testa ad ogni scossa di assestamento. «Ho messo alcuni sacchi per i rifiuti in giardino, li ho coperti di lenzuola e lì cerco di dormire», confessa. «Ho ancora paura. Quella scossa non la dimentico». Il pensiero va alla sua famiglia, alla figlia Giulia di 23 anni e ai genitori che vivono a Bardolino. «Li ho avvisati subito, anche se le parole mi mancavano. Ho detto solo che ero sana e salva». Monica è tenace e curiosa. E proprio la curiosità e il desiderio di conoscere il mondo, in particolare il suo amato Messico, si sono dimostrati più forti della paura di viaggiare da sola e dei pregiudizi della gente. La prima volta che giunse nella terra dei Maya era il 2008 e fu amore a prima vista. «Da allora non ne ho più potuto fare a meno», racconta. E così sei mesi li passa a Bardolino con la famiglia e lavoretti stagionali sul lago e gli altri sei in Messico, dove crea e vende «Mandala», intrecci di fili su telaio realizzati con polveri colorate o dipinti su stoffe. •

V.G.

Suggerimenti