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Per celebrare i 125 anni del rifugio Barana

Con il telegrafo... dal Telegrafo. Il Baldo trasmette in Australia con l'alfabeto morse

Il gestore Tenca ha chiesto a Claudio Vicentini di tornare a trasmettere, come aveva già fatto 25 anni fa. E lui ha caricato nello zaino 14 chili tra ricetrasmittente e antenna
Claudio Vicentini mentre trasmette al telegrafo al rifugio Barana
Claudio Vicentini mentre trasmette al telegrafo al rifugio Barana
Telegrafo al Telegrafo

Cq, Cq, Cq... chiamata generale. È una musica, la sequela di punti e linee battuti col tasto marconista per un appello che, viaggiando alla velocità della luce, arriva all'altro capo del mondo. Dalla nebbia che avvolge rifugio Barana, sotto cima Telegrafo, a 2.147 metri di quota sul monte Baldo, il messaggio vola sulla prima neve di stagione nell'etere. Rimbalza sulla ionosfera, ricade e arriva in Giappone, in America, in qualche paese sperduto dell'Europa.

È la magia della telegrafia. Ed è la magia che Claudio Vicentini, 67 anni, radioamatore telegrafista di Roverbella, nel Mantovano, nome in codice IK2RXZ, si è messo nello zaino e ha portato in spalla a piedi, per 700 metri di dislivello, fino al Telegrafo: 14 chili di ricetrasmittente e antenna.

Per celebrare i 125 anni del rifugio, il gestore Alessandro Tenca ha chiesto a Vicentini di tornare, la scorsa settimana, a trasmettere al telegrafo, come aveva fatto 25 anni fa per il centenario, con le sezioni Ari di Verona e Mantova. Allora Vicentini era salito con altri tre compagni radioamatori e aveva lasciato un regalo: il tasto verticale marconista per telegrafare, un pezzo raro che ormai usano in pochi. E ora è tornato su da solo, ha collocato la sua antenna all'esterno, ha appoggiato la radio sul tavolo nel rifugio e ha iniziato a trasmettere in telegrafia con l'alfabeto morse e con lo stesso tasto suscitando lo stupore delle persone presenti, soprattutto dei bambini.

Gli albori della telefonia

«Il telegrafo è l'albore della telefonia. Non viene più utilizzata sulle navi dal 2006. Dismessa dappertutto, dal 2009 è patrimonio dell'umanità che non deve andare disperso. Per questo la insegno agli amatori che vogliono imparare: è un modo di trasmettere unico, una musica, che non deve andare perduta», racconta Vicentini. «Sono partito sabato mattina con lo zaino e tutta l'attrezzatura. E ho pestato anche la prima neve. C'era un grado sopra lo zero».

 

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Il nome della cima

A punta Telegrafo, in epoca napoleonica, l'esercito francese aveva collocato un telegrafo ottico per inviare segnali alle truppe di stanza nella pianura sottostante. Da qui il nome della cima che si erge sopra il rifugio aperto nel 1897 e dedicato prima ai botanici Francesco Calzolari e Giovanni Pona e poi al socio del Cai Verona, Gaetano Barana, ma per tutti rifugio Telegrafo. È la storia «telegrafica» celebrata già 25 anni fa.

Una storia che affascina grandi e piccini

«Allora eravamo in quattro amatori. Ora nessuno sale più a piedi», continua il marconista alpino ancora felice per la meraviglia suscitata tra le persone: «I bambini erano affascinati. Ho spiegato loro che le onde si propagano in orizzontale e che possono arrivare dall'altra parte della terra grazie alla ionosfera influenzata dall'attività solare. La gente era molto incuriosita. C'è stata una bella giornata e tantissime famiglie sono salite. I piccoli volevano vedere come si fa e cos'è un telegrafo. Hanno scritto su un foglietto i loro nomi in morse, con punti e linee, e li ho fatti sentire loro in telegrafia. Erano entusiasti. È stata un'esperienza meravigliosa».

Quattro chiacchiere con l'Australia

Da punta Telegrafo il segnale di Vicentini è arrivato negli Stati Uniti e in Europa e poi in Australia e in Nuova Zelanda, fino in Giappone. «Dall'altra parte rispondono radioamatori. Ci salutiamo, parliamo di cose tecniche: che radio usiamo, da dove trasmettiamo. Poi di cose personali. Il segnale è inviato nell'etere e c'è sempre qualcuno che risponde. Usiamo le abbreviazioni inglesi».

I camminatori, insomma, hanno trovato una curiosa presenza al Telegrafo: «Erano entusiasti di sapere che ci sono ancora i radioamatori che utilizzano la telegrafia, nonostante questa sia l'era della telefonia», conclude raccontando una passione nata nel 1992. «Per fare la patente da radioamatore si dovevano superare una prova di elettronica e una pratica di telegrafia, una in trasmissione e una in ricezione. La telegrafia era subita, e molti la abbandonavano, invece io ho continuato. Sono uno dei pochi a usare il tasto verticale marconiano: è un'arte».

Maria Vittoria Adami

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