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SUL MONTE BALDO

Strage di pecore
Colpa dei lupi?
No, di due cani

Una delle pecore aggredite dai due cani
Una delle pecore aggredite dai due cani
Una delle pecore aggredite dai due cani
Una delle pecore aggredite dai due cani

Quaranta pecore in meno di un mese: è la strage di ovini avvenuta fra Rivoli e Caprino e inizialmente attribuita ai lupi, ma che grazie alle indagini del Comando stazione di Costermano del Corpo Forestale dello Stato sono stati invece scagionati. I veri autori sono stati due cani domestici di razza meticcia, i quali abbandonando l’azienda agricola dove sono custoditi hanno fatto scempio in allevamenti del circondario.

La prima segnalazione era arrivata dai carabinieri che avevano avvertito a metà giugno gli agenti della Forestale per presunte predazioni di lupo. Era partita subito la verifica della Forestale di Costermano con il sostegno di una pattuglia del Comando di Tregnago. Dall’esame dei capi trovati, gli agenti aveva immediatamente escluso che si potesse trattare di attacco di lupi. Restava da capire chi fossero i responsabili.

Il 4 luglio arrivava al Comando di Costermano la denuncia di un allevatore di Rivoli per la perdita di sei pecore uccise da due cani entrati nella sua proprietà totalmente recintata. Lo stesso giorno si aggiungeva anche la denuncia di un altro allevatore che lamentava la perdita di ben 34 pecore di razze pregiate Juraschaf e Ile de France, predate in date diverse nell’ultimo mese e che rappresentano un danno per circa 11mila euro.

DALLE TESTIMONIANZE che gli agenti della Forestale avevano raccolto sembrava assodato che si trattasse di cani, uno simile a un pastore tedesco, l’altro di taglia più piccola e di pelo nero, ma che potevano essere confusi con lupi da osservatori non esperti. Nessuno però sapeva indicarne né la provenienza né la proprietà. Qui è entrata in campo la competenza e la professionalità investigativa degli agenti della Forestale di Costermano, che hanno passato al setaccio le aziende agricole della zona cercando quelle che potessero avere in custodia cani simili a quelli descritti dalle testimonianze.

A un chilometro in linea d’aria da Zuane di Sopra e Ponton, dove erano avvenuti gli episodi predatori, gli agenti sono entrati in un’azienda agricola del comune di Caprino, dove è venuto loro incontro un cane di taglia medio-grande, simile a un pastore tedesco, con il petto e le zampe ancora imbrattati di sangue. Lo stesso si è notato sul pelo del cane nero che si è presentato successivamente. I proprietari, di fronte alle domande della Forestale hanno ammesso di aver visto che i loro due cani erano sporchi di sangue ma di aver controllato nel proprio pollaio se mancassero galline e non avendo avuto alcuna perdita avevano immaginato che i due fossero andati a cacciare altrove.

Gli agenti hanno scattato delle foto ai due cani e le hanno successivamente mostrate ad alcuni testimoni delle predazioni, che hanno confermato che effettivamente erano quelli visti nell’assalto ai due greggi.

PER QUESTO motivo, su mandato del pubblico ministero di turno, i due cani, entrambi provvisti di microchip identificativo, sono stati posti sotto sequestro probatorio e preventivo, per evitare ulteriori predazioni e altri rischi per la pubblica incolumità. Collocati in un recinto di dimensioni adeguate, chiuso da una rete elettrosaldata, sono stati lasciati nell’azienda agricola di Caprino da dove erano partiti per le loro razzie, nominandone i proprietari custodi giudiziari. A loro carico c’è una denuncia per violazione dell’ articolo 638 comma 2 del codice penale per omessa custodia di cani che hanno ucciso e danneggiato animali altrui, fatto commesso su più capi raccolti in gregge: infatti l’articolo aumenta la pena detentiva da uno a quattro anni e la procedura è d’ufficio «se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria». Il procedimento adesso passa al Tribunale per la parte penale e civile del risarcimento dei danni, perché oltre alla perduta degli animali ci sono anche le spese per lo smaltimento delle carcasse e quelle delle cure veterinarie perché una decina di capi sono stati feriti.

«Sono molto soddisfatto dell’attività investigativa condotta dai miei uomini», commenta Isidoro Furlan, comandante provinciale del Corpo Forestale dello Stato, «e anche perché hanno dimostrato che non sempre le predazioni sono dovute ad animali selvatici come i lupi. La mancata custodia dei propri cani e il fenomeno del randagismo creano alla fauna selvatica e a quella domestica danni incalcolabili», conclude Furlan.

Vittorio Zambaldo

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