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Sedici anni e un cuore
curato con il gelo:
il più giovane in Europa

Fibrillazione risolta, il ragazzo tornerà al basket
Un  intervento di crioablazione alla clinica Pederzoli FOTOSERVIZIO AMATOL’equipe dell’unità operativa di cardiologia della Pederzoli
Un intervento di crioablazione alla clinica Pederzoli FOTOSERVIZIO AMATOL’equipe dell’unità operativa di cardiologia della Pederzoli
Un  intervento di crioablazione alla clinica Pederzoli FOTOSERVIZIO AMATOL’equipe dell’unità operativa di cardiologia della Pederzoli
Un intervento di crioablazione alla clinica Pederzoli FOTOSERVIZIO AMATOL’equipe dell’unità operativa di cardiologia della Pederzoli

Katia Ferraro

Non ha ancora compiuto 16 anni e per questo l’intervento di crioablazione a cui si è sottoposto per risolvere il problema di fibrillazione atriale sarà ricordato come il primo caso a livello europeo eseguito su un paziente così giovane. «Primato» che forse il ragazzo, residente vicino a Legnago, non sa di avere conquistato: ora il suo obiettivo è solo tornare sul campo di basket per praticare il suo sport preferito anche a livello agonistico. L’intervento è stato eseguito nel reparto di Cardiologia della Casa di cura Pederzoli di Peschiera, uno dei quattro centri in Veneto (con l’ospedale di Negrar nel Veronese, Conegliano e Padova) ad affiancare la tecnica tradizionale «a caldo» (radiofrequenza) alla più recente tecnica «a freddo» (crioablazione) per la deconnessione degli impulsi elettrici anomali che arrivano al cuore dalle vene polmonari, causa della fibrillazione atriale (battito cardiaco accelerato e irregolare).

«La patologia è stata scoperta circa un anno fa durante una visita medica per l’idoneità sportiva», spiega il dottor Antonio Fusco, cardiologo della Pederzoli che ha seguito il ragazzo e compiuto l’operazione a quattro mani con il collega Cesare Storti. «A 14 anni è già una rarità avere la fibrillazione atriale», prosegue Fusco, «ci sono stati altri giovani trattati con la radiofrequenza, ma in Europa non ci sono segnalazioni di casi così giovani trattati con la crioablazione».

LA NUOVA TECNICA, praticata da circa otto anni a livello mondiale (da quattro a Peschiera), consiste nell’introdurre un «palloncino» nel cuore attraverso un catetere inserito dalla vena femorale. Giunti all’atrio sinistro, dove arrivano le quattro vene polmonari da cui partono gli impulsi elettrici anomali, il palloncino viene gonfiato con protossido di azoto fino ad arrivare a -42 gradi, congelando così la vena e inibendo le cellule che causano gli impulsi elettrici. Rispetto alla tecnica tradizionale (bruciatura punto per punto delle cellule anomale), la crioablazione è più veloce (un’ora circa contro quattro). «Scegliamo la crioablazione nei pazienti più giovani e in caso di fibrillazione parossistica», precisa Fusco, «ovvero di episodi che iniziano e finiscono da soli». Come per la tecnica tradizionale è necessaria solo l’anestesia locale. L’unico possibile svantaggio, aggiunge Fusco, «è che se l’anatomia non è perfetta ci possono essere difficoltà nel posizionare il palloncino». La Pederzoli è al primo posto in Veneto per numero di casi trattati con la crioablazione: circa 60 l’anno contro i 40 della radiofrequenza. Essendo però una tecnica recente, non vi sono ancora dati significativi sull’efficacia nel lungo periodo.

SODDISFATTO DEI RISULTATI il direttore sanitario Gianluca Gianfilippi, che si sofferma sull’avanzamento tecnologico apportato con il trasferimento del reparto, diretto dal dottor Alfredo Vicentini, nel nuovo polo della casa di cura. «Da qualche anno siamo diventati centro hub per l’infarto all’interno della rete provinciale, assieme a Verona Borgo Trento, Legnago e Negrar», sottolinea Gianfilippi, «questo ci ha spinto a fare una struttura più moderna e avanzata, soprattutto con la doppia sala operatoria per garantire massima efficienza ed efficacia di intervento».

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