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Narcos, ora è caccia ai complici veronesi

Un momento della conferenza stampa svoltasi a Catania alla presenza del colonnello Francesco Ruis
Un momento della conferenza stampa svoltasi a Catania alla presenza del colonnello Francesco Ruis
Un momento della conferenza stampa svoltasi a Catania alla presenza del colonnello Francesco Ruis
Un momento della conferenza stampa svoltasi a Catania alla presenza del colonnello Francesco Ruis

C’è un capitolo ancora tutto da scrivere nella vicenda dei due narcos guatemaltechi, legati al cartello messicano di Sinaloa, arrestati il 23 gennaio scorso ad Affi e accusati di aver importato in Italia 386 chili di cocaina dalla Colombia e trasportati a Catania. Gli agenti della Guardia di finanza di Catania e Verona stanno indagando per risalire alla rete di contatti presenti nella nostra provincia. Per gli investigatori è scontato che nella nostra provincia ci siano dei fiancheggiatori all’organizzazione criminale sudamericana. Daniel Esteban Ortega Ubeda, detto Tito, 35 anni e Felix Ruben Villagran Lopez, 47 non sarebbero mai arrivati nell’hinterland lacustre se non avessero avuto dei fiancheggiatori veronesi. Ma c’è di più: gli inquirenti stanno battendo palmo a palmo anche la nostra provincia per trovare il messicano Salvador Ascencio Chavez, detto «Chava», 53 anni, emissario di Jose Angel Rivera Zazueta, chiamato «El Flaco», considerato il vertice del potentissimo cartello Sinaloa. «Chava» rappresenta sicuramente una figura cruciale nell’indagine «Halcon» della Direzione distrettuale antimafia di Catania. A parere degli investigatori, era presente ad Affi al momento della vendita del panetto di tre chili di cocaina, poi spariti, a Mauro da Fiume, 55 anni, e Sergio Garcia Riera, 42 poi arrestati il 4 febbraio scorso sulla base del Mandato di arresto europeo partito da Catania. Oltre a Chavez, gli investigatori sono a caccia anche di Zazueta e di Fernando Morales Hernandez, guatemalteco, chiamato «El Suegro». Anche lui come Ortega e Lopez, viene considerato l’organizzatore del traffico di 386 chili di cocaina dalla Colombia in Italia. Una volta approdati a Catania, Tito e Felix erano già sotto controllo dei militari italiani. Hanno così intercettato le loro telefonate e, presumibilmente, identificato anche i loro contatti italiani. Il ruolo della nostra provincia poi è fondamentale per le indagini anche se gli inquirenti hanno accertato che il cartello messicano aveva contatti con altri personaggi tra Roma, Genova, Milano ben più grandi della nostra provincia. È un fatto, però, che, una volta arrivati a Catania l’11 gennaio scorso, «Tito» e «Felix» hanno comunicato all’agente della Finanza, infiltrato nell’organizzazione dei narcos, la volontà di inviare tre panetti di cocaina da un chilo ciascuno ad Affi. Consenso arrivato subito e contemporaneamente via libera della Procura catanese ad un sequestro ritardato anche di questi tre chili di cocaina. L’obiettivo degli investigatori, infatti, era quello di scovare i contatti scaligeri dei narcos arrivati dalla Colombia. Un escamotage che ha dato i suoi frutti con l’arresto di Riera e del sanremese Mauro Da Fiume, gli acquirenti dei tre chili di droga. Tutto qui? Non sembra proprio, leggendo le carte dell’inchiesta. Si parla spesso di intercettazioni telefoniche ed ambientali, pedinamenti e controlli tali da far quanto meno intuire la rete dei contatti in Italia ma, soprattutto, veronese. Il calibro dei due arrestati ad Affi emerge anche dai continui contatti dei due con El Flaco durante il periodo trascorso in Italia tra Catania, Verona ed Affi. Gli atti dell’inchiesta parlano chiaro: i due comunicavano in continuazione con «El Flaco» in Messico per fornire le informazioni necessarie sull’andamento della vendita di quei 386 chili nella nostra provincia. E non poteva essere altrimenti: l’affare sarebbe valso un introito di venti milioni di euro. L’indagine Halcon ha, quindi, provocato un duro colpo anche finanziario al traffico di droga tra la Colombia e il nostro paese. •

Giampaolo Chavan

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