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Narcos, la droga da Bogotà ad Affi

Tre chili di cocaina sono arrivati da Catania fino ad AffiIl percorso del maxi carico di stupefacente così come ricostruito dallaGuardia di finanza di Catania
Tre chili di cocaina sono arrivati da Catania fino ad AffiIl percorso del maxi carico di stupefacente così come ricostruito dallaGuardia di finanza di Catania
Tre chili di cocaina sono arrivati da Catania fino ad AffiIl percorso del maxi carico di stupefacente così come ricostruito dallaGuardia di finanza di Catania
Tre chili di cocaina sono arrivati da Catania fino ad AffiIl percorso del maxi carico di stupefacente così come ricostruito dallaGuardia di finanza di Catania

Da Bogotà in Colombia fino ad Affi, passando per Madrid, Roma e Catania. È il percorso dei 386 chili di cocaina di cui tre chili sono finiti nell’hinterland gardesano, monitorati in ogni spostamento dagli investigatori del Nucleo di polizia economico e finanziaria della Guardia di finanza di Catania insieme con la Policía Nacional de Colombia. Il viaggio è stato monitorato sotto la direzione della Direzione distrettuale antimafia di Catania che ha anche disposto il sequestro ritardato della droga. Il motivo? Gli investigatori volevano venire a capo dell’organizzazione in Italia in contatto con i narcos messicani del cartello di Sinaloa. E l’hanno fatto con due agenti, un colombiano ed un italiano che hanno lavorato sotto copertura, fingendosi interessati al maxi affare di spaccio tra il Sud America e l’Italia. E proprio dal decreto di ritardato sequestro della Procura di Catania risalente ad alcuni giorni fa, è possibile ricostruire il percorso dei 386 chili di cocaina così come appare nel procedimento numero 42 della «Fiscalia especializada contra el narcotraffico» colombiana. LA CONSEGNA. Sono i documenti datati 17, 27 e 29 novembre 2019 a «certificare» la consegna dello stupefacente all’agente sotto copertura della Polizia colombiana dai narcos. I 386 chili di cocaina sono destinati all’Italia, direzione Catania. È il momento chiave dell’inchiesta, una delle più importanti mai avvenute nel nostro paese contro lo spaccio internazionale di droga. Da Bogotà parte l’allerta in direzione Sicilia. Gli agenti della Gico della finanza non perdono tempo. Avvertono la Direzione distrettuale antimafia. Iniziano tutte le procedure per predisporre un sequestro ritardato del maxi carico di stupefacente, proveniente dal Sudamerica. Il 29 novembre, arriva l’autorizzazione della procura di Catania per la consegna internazionale della droga dalla Colombia in Italia via Spagna con volo Iberia. La tratta fissata, comunicano dalla Colombia, è Bogotà, Madrid, Roma, Catania. Sono momenti molto delicati, occorrono nervi saldi, soprattutto quando, riportano gli atti dell’inchiesta, l’indagine «Halcon» rischia di saltare. Sono le autorità spagnole a ritardare l’autorizzazione al passaggio del velivolo con la droga, stipata in alcuni grossi contenitori. SITUAZIONE SBLOCCATA. È l’otto gennaio scorso quando la situazione si sblocca. È un’informativa del Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata, il Gico della finanza di Catania a sbrogliare la matassa. Con una nota comunica che il trasporto dei 386 chili sarebbe avvenuto il giorno dopo con il volo Iberia numero 6586 Bogotà Madrid per continuare poi il 10 gennaio con tratta Madrid e Roma e arrivo previsto a Fiumicino alle 18.30 dello stesso giorno. Lo fa allegando la documentazione proveniente dall’Ambasciata italiana a Bogotà. Gli atti dell’inchiesta parlano poi di un volo successivo a Catania, concretizzatosi con l’arrivo in Sicilia l’undici gennaio. Un viaggio avvenuto sotto gli occhi di agenti della Polizia colombiana e agli agenti della Finanza. CONTATTI VERONESI. Il motivo del sequestro ritardato della droga così come chiesto dagli investigatori? Lo dicono sempre gli atti dell’inchiesta: i finanzieri del Gico vogliono arrivare ai contatti italiani del cartello di narcos messicano Sinaloa. Un’intuizione centrata. Prima di tutto, vengono intercettati i due intermediari guatemaltechi legati allo spaccio di 386 chili di droga e all’organizzazione criminale Sinaloa. Sono Felix Ruben Villagran Lopez, detto Felix, 47 anni e Daniel Esteban Ortega Ubeda, detto Tito, 35. A prendere i contatti con loro, è l’agente italiano sotto copertura. Si spaccia per loro complice e acquirente di una parte del maxi carico di droga. I due guatemaltechi cascano nella trappola. Riferiscono di voler spedire tre chili di cocaina ad Affi nel Bad and breakfast nell’hinterland Gardesano. Rivelano anche all’agente sotto copertura che lì incontreranno i due spagnoli. Anche in questo caso, viene informata la Dda di Catania che concede il sequestro ritardato dei tre panetti di cocaina inviati nel Veronese. L’incontro tra gli emissari del cartello messicano avviene tra Affi e dintorni. A parere dell’accusa, i tre chili di cocaina vengono consegnati con ogni probabilità a Mauro De Fiume, 55 anni, originario di Sanremo ma residente a Barcellona e Sergio Garcia Riera. Felix e Tito ricevono 35.000 euro per quei tre chili di droga. C’è quanto basta per far emettere al pm di Catania il fermo e il 22 gennaio «Tito» e «Felix» vengono arrestati nel B&b di Affi. •

Giampaolo Chavan

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