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Lago sempre più caldo, pesci a rischio

Le acque del Garda. Oggetto di studio sui cambiamenti climatici
Le acque del Garda. Oggetto di studio sui cambiamenti climatici
Le acque del Garda. Oggetto di studio sui cambiamenti climatici
Le acque del Garda. Oggetto di studio sui cambiamenti climatici

I cambiamenti climatici, tema dibattuto in tutto il mondo, coinvolgono anche microhabitat e zone ambientali specifiche come il lago di Garda. Lo specchio d’acqua incornciato dalle montagne si sta progressivamente scaldando. «E l’aumento della temperatura dell’acqua porterà inevitabilmente grandi cambiamenti e grandi problemi sia alla fauna ittica che alla flora». A lanciare l’allarme sono i ricercatori della Università Ca’ Foscari di Venezia Pietro Franzoi, Matteo Zucchetta e Fabio Pranovi. Quest’ultimo, laureato in biologia come i colleghi, è stato il coordinatore della giornata di studio presentata a Garda ieri in municipio. Il ricercatore è membro della facoltà di Scienze ambientali, informatica e statistica dell’università di Venezia e ha presentato, assieme ai colleghi, alcuni dati di uno studio finanziato dall’Unione europea su mari e laghi. «Negli ultimi 30 anni», ha spiegato Franzoi, «la temperatura del lago è aumentata di circa 1,5 gradi. Sembra poco ma questo significa che, oltre i 100 metri di profondità, l’acqua si trova ora a circa 9 gradi contro i 7 di prima. L’aumento delle temperature comporta gravi problemi sia alla flora che alla fauna ittica del lago». Nel dettaglio, Franzoi ha spiegato che «l’acqua in superficie è sempre più calda mentre quella sul fondo non si mantiene fredda. Questo comporta che tutti i nutrienti contenuti nelle acque si depositano sul fondale e le acque più superficiali ne restano prive causando problemi ai pesci. Stanno cambiando il plancton e le cellule algali con progressiva eutrofizzazione delle acque», continua lo scienziato. «Con temperature superiori agli 8 gradi viene alterato pure il ciclo riproduttivo dei pesci con potenziali danni anzitutto ai coregoni, che diminuiscono». Il ricercatore ha fatto presente che «i pesci pregiati del Garda sono tutti salmonidi quali trote e coregone ed è per questo che, progressivamente, il Garda si sta impoverendo». Ma non è tutto. Il coordinatore dello studio ha spiegato che «questo progetto europeo porta avanti il confronto tra 15 casi specifici, di cui quattro sono laghi. Il Garda è quello più a sud di tutti e quattro, visto che gli altri si trovano nell’ex-Cecoslovacchia, in Ungheria e in Norvegia. Per questo il Garda è una sorta di avamposto di quanto succederà nel corso degli anni negli altri Stati. E proprio per questo motivo il tema interessa anche a livello europeo». Infine, il ricercatore Matteo Zucchetta ha precisato ulteriormente la situazione attuale. «Il rischio grave», ha detto, «è che i pesci che solitamente stanno nelle acque più profonde e fredde siano a rischio riproduttivo. Anche il lavarello è a rischio, pur se oggi è ancora abbondante. Questo comporta uno sbilanciamento tra presenze differenti di pesci e la scomparsa progressiva di carpioni ma anche di trote». Qual è la possibile terapia per questa situazione? «Bisogna anzitutto che gli enti preposti quali le Province si coordinino tra loro per fare un monitoraggio del pesce che viene immesso, di quello che viene pescato e di quello che, una volta immesso, sopravvive. Ci vogliono dati specifici che fotografino la situazione in maniera molto precisa». Infine, secondo i ricercatori, ma questa appare una utopia che una concreta possibilità, «bisognerebbe trovare il modo di utilizzare razionalmente e in modo coordinato sia la risorsa lago di Garda, che i pesci presenti. Su questo si potrebbe pensare a istituire un tavolo di coordinamento che coinvolga anche le università, e che riesca a farsi dare finanziamenti europei per maggiori controlli e per un adeguato monitoraggio dell’intero Garda». •

Gerardo Musuraca

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