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La coca del cognato, due arrestati

I carabinieri sono riusciti a chiudere il cerchio sul giro di spaccio sul lago di Garda
I carabinieri sono riusciti a chiudere il cerchio sul giro di spaccio sul lago di Garda
I carabinieri sono riusciti a chiudere il cerchio sul giro di spaccio sul lago di Garda
I carabinieri sono riusciti a chiudere il cerchio sul giro di spaccio sul lago di Garda

A quanto pare, una famiglia serve davvero. E non solo come nucleo di affetti, quando ci sono e se sono positivi, ma anche per rifornirsi di cocaina con agevolezza. Per esempio, questo faceva una donna che si procurava della droga da R.M., 35 anni, suo cognato, marito della sorella. L’hanno chiamata proprio operazione «Cognato», quella portata a termine dai carabinieri del Nucleo operativo e Radiomobile di Peschiera in questi giorni e che ha comportato indagini lunghe oltre un anno, in quattro paesi del Garda: Peschiera, appunto, Castelnuovo, Lazise e Bardolino. Alla fine, sono scattate le manette ai polsi del cognato R.M. e di R.A., suo fratello, a proposito di familiari. I due spacciatori, di origine marocchina, sono stati ritenuti responsabili, in concorso, di detenzione ai fini di spaccio di cocaina. Entrambi gli uomini sono gravati da numerosi precedenti di polizia. L’attività investigativa dei carabinieri è stata avviata nel mese di agosto 2018, quando i militari avevano acquisito informazioni in merito ad una possibile attività di spaccio di droga sul lago, nella quale pareva certo essere coinvolta una donna che abitualmente assumeva cocaina. La signora non doveva esporsi molto e nemmeno girare per trovare la sostanza stupefacente: bastava che lei chiamasse suo cognato, appunto, e se la procurava. R.M. e il fratello, infatti, gestivano un’attività vasta - e fiorente, purtroppo - di spaccio di cocaina, sostanza molto diffusa e molto consumata. Il raggio del commercio dei due era molto esteso, come dicevamo, e comprendeva almeno quattro comunità del lago di Garda e decine e decine di clienti. Questo negli ultimi mesi. Ma i due erano stati già arrestati il 9 novembre 2018 mentre cedevano tre dosi a Verona. Nel corso della lunga e precisa investigazione, in particolare, è stata accertata, sia tramite attività tecnica che tramite mirati servizi di osservazione, di controlli e di pedinamenti sul territorio, una costante e quotidiana cessione di sostanze stupefacenti a tanti clienti, prevalentemente italiani. I due avevano trovato il loro modo per non farsi beccare ancora dai carabinieri: erano abili nel far perdere continuamente le loro tracce, spacciando sempre in luoghi diversi, anche allo stesso consumatore, e usando vari «codici» per fissare la quantità di dosi che dovevano portare a destinazione. Una dose, ad esempio, diventava un «caffé, due «due caffé», o, per restare nel gergo dei baristi, «il solito». Cambiando settore merceologico, la cocaina poteva diventare improvvisamente una pizza, quattro pizza, più piccole, più grandi, a seconda. Insomma, anche i clienti ci si mettevano per confondere le acque e impedire di «inchiodare» i due uomini. Il più giovane, R.A., ha 32 anni, ma entrambi sono senza fissa dimora, senza lavoro e con vari alias forniti alle forze dell’ordine e un mucchio di precedenti. Durante le indagini i carabinieri di Peschiera hanno sentito 15 clienti di cocaina, hanno messo a verbale dove, e da chi, costoro si foraggiavano della droga; le persone sono state segnalate come assuntori di droga alla Prefettura di Verona. Oltre alla ricostruzione delle numerose cessioni, nel corso delle operazioni della polizia giudiziaria, sono state recuperati, e sequestrati, moltissime dosi pronte allo spaccio, del peso complessivo di circa 50 grammi, 500 euro in contanti, probabilmente proventi dall’attività di spaccio. A conclusione delle lunghe indagini, la Procura della Repubblica, presso il Tribunale di Verona, ha convalidato e confermato pienamente le risultanze investigative raccolte dai carabinieri, ed ha richiesto e ottenuto dal giudice per le indagini preliminari l’arresto - ai domiciliari - dei due individui indagati, in attesa di processo e con indagini ancora aperte. Per ora, i due senza fissa dimora, regolarmente in Italia, hanno fornito un domicilio, infatti, ai carabinieri, dove saranno controllati. Resta il fatto che il giro che avevano messo in piedi i due immigrati, mentre sono a casa, pur con i dovuti controlli di polizia, potrebbe non crollare per nulla. Come pare sempre più che potente la domanda. •

Daniela Andreis

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