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«Io ho perso un braccio ma sono ancora vivo Prego per la sua famiglia»

Alessandro e la sorella Martina alla presentazione del libro su di lui
Alessandro e la sorella Martina alla presentazione del libro su di lui
Alessandro e la sorella Martina alla presentazione del libro su di lui
Alessandro e la sorella Martina alla presentazione del libro su di lui

«Questo incidente mortale mi ha gelato il sangue, difficile trovare altre parole. Ho acceso una candela in chiesa per Valter e pregato per la sua famiglia, perché trovi la forza ora di affrontare questo momento e di ricominciare». All’indomani dell’infortunio costato la vita al giardiniere Valter Gaspari di Lazise, il cavaionese Alessandro Pighi, anche lui giardiniere e senza un braccio da cinque anni a causa di un incidente sul lavoro, si sente più che mai un sopravvissuto. Uno a cui la vita ha dato una seconda possibilità. Quella che ha negato, invece, al quarantaseienne gardesano. Nel 2014, mentre stava tagliando i rami di un albero per conto della ditta in cui era ed è impiegato, Pighi è stato attraversato due volte da una scarica elettrica da 18mila volt. Si trovava su una piattaforma mobile, a Bardolino, e per sbaglio toccò i fili dell’alta tensione. La priva volta riuscì a rialzarsi, la seconda finì a terra, con ustioni sul 30 per cento del corpo e il braccio destro carbonizzato. «So che la dinamica dell’incidente avvenuto nella zona del Ceriel deve ancora essere accertata del tutto, ma dalle prime informazioni sembra molto simile a quanto è successo a me», continua Pighi. È turbato. Quello che è accaduto a Gaspari nel suo paese, a due passi da casa sua, tocca in lui corde profonde. «Continuo a pensare che potrei essere morto anche io, e da tanto tempo», afferma. «Invece sono qui, a me è andata meglio. Martedì non sapevo nulla dell’incidente, sono stati alcuni amici ad avvertirmi. Non volevo crederci, non volevo che fosse vero. Poi ho capito che invece lo era, che il giardiniere era morto a causa della folgorazione. Allora sono andato in chiesa». Parla piano, Pighi. In segno di rispetto. «Ci vorrà tempo, per i familiari, e spero che riescano ad andare avanti». Ripete: «Io sono stato tanto fortunato». Oltre al destino fortunato, però, Pighi ci ha messo del suo e oggi vive senza nascondere la disabilità, anzi scherzandoci. La sua storia è quella di una rinascita dopo due mesi di ospedale, sette operazioni, molti trapianti di pelle e l’amputazione del braccio. Lui, a Cavaion, è per tutti un guerriero. Tutto quello che ha oggi se l’è guadagnato con la forza e la tenacia del carattere, il coraggio, l’amore della famiglia e della compagna Eleonora, la speranza che ha coltivato sempre, la passione per il calcio. Tutto raccontato dalla sorella Martina nel libro «Secondo tempo – La forza di rialzarsi» (Damolgraf editore), alla cui presentazione l’anno scorso a Cavaion c’erano 250 persone. Faceva il giardiniere ed è tornato a farlo, Alessandro, dedicandosi anche a hobby e affetti. Giocava a calcio e continua a giocare, anche nella Nazionale Italiana calcio Amputati come portiere. Un miracolato, l’ha definito qualcuno. Perché una folgorazione sono davvero in pochi a poterla raccontare. Ma ora, avverte, non è tempo di pensare a lui: «Prego, prego per la famiglia di Valter».

Camilla Madinelli

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