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Il Tar deciderà sui canoni da far pagare a Gardaland

Una delle attrazioni di Sea Life tra le più apprezzate dai bimbi
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Due terzi dei parcheggi privati di Gardaland potrebbero avere una destinazione di uso pubblico mai riconosciuta e applicata. Se così fosse le vaste aree in questione, tutte ricadenti in territorio di Castelnuovo del Garda, dovrebbero essere ad accesso libero oppure una parte dei proventi incassati (5 euro giornalieri per macchine e camper) essere destinata al Comune attraverso la stipula di una convenzione. L’implicazione per la collettività è notevole, visto che a spanne nelle casse dell’ente pubblico potrebbero entrare centinaia di migliaia di euro ogni anno. La ricognizione del Comune sulla definizione d’uso dei parcheggi del parco è partita una decina d’anni fa nel corso delle pratiche edilizie per la costruzione di Gardaland sea life aquarium e dei parcheggi. In base alle leggi in vigore, le aree destinate alle auto devono essere considerati standard urbanistici, ovvero aree ad uso pubblico in relazione agli insediamenti concessi. Questa presa di coscienza ha portato il Comune a ricostruire la storia anche degli altri parcheggi e a rafforzare la propria idea fino ad emanare, nel marzo 2015, un provvedimento che ordinava a Gardaland «l’immediato rilascio» delle superfici (circa 114mila metri quadrati su circa 165mila totali). In risposta Gardaland ha presentato ricorso al Tar del Veneto, dove il contenzioso è ancora aperto. Dopo una prima udienza in cui ha rinunciato a chiedere la sospensiva del provvedimento (che quindi avrebbe potuto essere attuato dal Comune) tutto è rimasto fermo per circa due anni. LA SVOLTA doveva avvenire giovedì 8 quando si doveva discutere la questione nell’udienza di merito davanti ai giudici amministrativi. Ma la svolta non c’è stata a causa di un inaspettato colpo di scena: non solo Gardaland ha chiesto il rinvio dell’udienza, ma ha trovato in questa mossa l’appoggio del Comune, che non si è opposto accettando di rimandare ulteriormente a data da destinarsi la definizione dell’annosa vicenda. Contattato al telefono per sapere le ragioni della scelta, il sindaco Giovanni Peretti rimane vago: «Non c’è una risposta logica», risponde, masubito dopo spiega che con Gardaland il Comune «ha tante questioni aperte che stiamo discutendo. Vogliamo chiuderle per non lasciare problemi aperti all’amministrazione che ci seguirà». Tutto si gioca nel rapporto tra il dare e l’avere e tra le questioni sul tavolo Peretti parla di alcuni permessi edilizi (in ballo ci sono la realizzazione del terzo hotel e di un villaggio turistico). La storia dei parcheggi è la prima però a rischiare di essere infinita, tenendo conto che se mai si arriverà a sentenza la parte soccombente potrà presentare ricorso in appello al Consiglio di Stato. LA NOTIZIA che il Comune ha dat il via libera a Gardaland per rinviare l’udienza coglie di sorpresa l’ex assessore all’urbanistica di Castelnuovo Fausto Scappini, che tra 2006 e 2007 avviò l’accertamento sui parcheggi. «È un fatto grave e sconcertante», esordisce, «il Comune deve essere imparziale nei confronti di tutti e non ha alcun diritto di assumere decisioni che possono ritardare o danneggiare le risorse pubbliche». L’ex assessore ricostruisce l’origine del braccio di ferro con Gardaland: «Il dubbio è nato perché nell’approvare la lottizzazione Sea life, la prima di cui mi ero occupato, è stato usato lo stesso meccanismo di individuazione degli standard urbanistici utilizzato nelle precedenti due lottizzazioni riguardanti il parco. C’è voluto tempo per comprendere il meccanismo adottato, anche perché Gardaland aveva versato una grossa somma per la viabilità. Ma una volta chiarito ciò che era successo è risultato chiaro che gran parte delle aree a parcheggio, pur rimanendo di proprietà privata, avrebbero dovuto avere una destinazione di uso pubblico: quindi essere liberamente accessibili o sottoposte a una convenzione con il Comune al quale destinare una parte di introiti». Per Scappini, avvocato di diritto amministrativo, l’ente pubblico ha buone probabilità di vincere la causa. Se così sarà, la proprietà del parco «dovrebbe riconoscere al Comune un canone annuo per la concessione delle aree, ma rischia anche di dover versare gli arretrati fino al limite della prescrizione». Un rischio che costerebbe diversi milioni di euro. •

Katia Ferraro

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