<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

«Il monumento napoleonico ricostruito dai marmisti veronesi»

Il basamento del monumento è di 64 metri quadri con 8 metri a lato
Il basamento del monumento è di 64 metri quadri con 8 metri a lato
Il basamento del monumento è di 64 metri quadri con 8 metri a lato
Il basamento del monumento è di 64 metri quadri con 8 metri a lato

C’è il monumento napoleonico su stemma e gonfalone del Comune di Rivoli, con la bandiera italiana sulla cima. L’immagine di com’era, completo di obelisco e imponente, è stata riprodotta anche in un mosaico sul pavimento della sala consiliare. Ma quasi nessuno, rivolesi a parte, sa con esattezza dove si trovi e come si arrivi oggi al monumento fatto erigere nel 1806 da Napoleone tra le colline che da Rivoli scendono a Canale, in Valdadige, a memoria della battaglia del 14 gennaio 1797 in cui sconfisse l’armata austriaca. Fu il primo dei monumenti napoleonici in Italia. Tanto era grandioso allora, con i suoi 20 metri d’altezza all’imbocco della Valdadige, tanto è invisibile oggi e sconosciuto ai più. COSA RIMANE. Nel connubio inscindibile tra Rivoli e Napoleone, il Comune insegue da decenni la sua valorizzazione. Piste ciclabili nelle vicinanze, sistemazioni della zona e interventi conservativi non sono bastati a trasformare il monumento da Cenerentola a reginetta nell’ambito delle locali politiche turistico culturali. Stretto tra la strada provinciale e l’autostrada del Brennero, arrivarci è piuttosto difficile, non ci sono parcheggi né indicazioni chiare. Senza contare, poi, che ci si deve intrufolare in un vigneto privato. Oltretutto, non ci si aspetti di trovare il monumento come lo si vede negli stemmi comunali. Un basamento marmoreo di 64 metri quadrati, a forma di parallelepipedo di 8 metri circa per lato e alto poco più di sei metri, è tutto ciò che rimane. Della colonna di 13 metri e mezzo e dell’urna di tre metri posta in cima, contenente le ceneri di migliaia di soldati, non v’è traccia: furono distrutte dagli austriaci il 12 febbraio 1814. Il basamento rimasto è di proprietà dell’ambasciata francese e si trova in una proprietà agricola privata. VALORIZZAZIONE. Spinge al massimo in questo senso, il vice sindaco di Rivoli Luca Gandini. Che il monumento la meriti non ha dubbi: lo ha studiato a lungo e la ricerca lo ha così appassionato da spingerlo a scrivere un libro. S’intitola «Rivoli. Storia di un monumento, un monumento nella storia» e viene presentato stasera alle 20.30, all’ex Polveriera. «È stata un’opera grandiosa» afferma, «sorge nel punto dove la battaglia fu molto cruenta e fu concepita da Bonaparte per eternare le gesta eroiche di quei giorni e consacrare la memoria degli innumerevoli caduti. Si parla di almeno 5.000 morti». E i resti sono tutti lì, magari sotto il monumento? «Dalle mie ricerche emerge che le ceneri di molti cadaveri bruciati sui campi di battaglia furono messe nell’urna cineraria» risponde Gandini. «è vero anche che molti, chissà quanti, li hanno sepolti. Ci sono testimonianze al riguardo, tra cui un ordinanza dell’ufficio sanità di Verona di procedere alle sepolture che risale a subito dopo la battaglia. Ma del fatto che siano sotto al monumento non ci sono prove. Sappiamo invece che, sul lato ovest, furono traslati i resti di granatieri napoleonici ritrovati nel maggio 1918 vicino alla canonica di Rivoli». Da troppo tempo, secondo Gandini e pure il sindaco Armando Luchesa, il monumento rappresenta una pagina di storia dimenticata. Anche se mutato e mutilato, merita di essere conosciuto e visitato. Il monumento napoleonico non solo è parte del patrimonio storico, ma anche luogo della memoria» aggiunge Luchesa. «L’ideale sarebbe condividere un percorso tra tutte le parti interessate, dal Comune all’ambasciata, dal privato all’autostrada del Brennero». UN SOGNO. Gandini si spinge anche più in là e lancia l’idea della ricostruzione dell’obelisco: «Era finemente decorato, in Rosso Verona e con un capitello lavorato in marmo bianco» spiega. È pronto a lanciare un appello tanto al settore lapideo quanto all’ambasciata francese. «Ricostruirlo, magari grazie alla perizia dei nostri marmisti veronesi, sarebbe magnifico». •

Camilla Madinelli

Suggerimenti